SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

giovedì 11 febbraio 2010

16.01.10 - Cazzo fai, Pierrot?

Hai pianto. Rimasta senza benzina nella notte come ormai è tipico, Hai perso tutto il sex appeal sbattendo le mani contro quella tanica vuota. Lui ne ha acquisita, invece. Sei come onda tra le onde nel cielo arrossato di rabbia dove le chiamano nubi. Sei come cavo per terra: alimentazione di questi tuoi bassi emotivi che depistano. Hai riassunto troppo. Ti sei persa pezzi. Spazi. Voragini d'affetto. L'effetto, lo sai, è il solito buco. E' lo stesso giro di accordi di sempre con l'espressione per nulla stupita, solo forse un po' indispettita, sconvolta, come mai? chè, forse non lo sai?
Collane con catene di parole da venderne. Hai pianto.
Hai questi occhi colorati che ti stanno di un bene che dovresti ricordartene. Hai un sentiero, tuo, mantenuto fino a oggi e se anche ci cammini dondolando un po' ubriaca ta le tue preoccupazioni e paure che t'importa? tu l'amore ce l'hai. E da lì non lo toglie nessuno pure con pupille tristi e sfumature di trucco che ti rendono più fragile. Fra i capelli una rosa appassita metà bianca, metà rossa. Si direbbe sintetica. Sei cresciuta strana ragazza mia, ma sei andata avanti. Ti han detto che ti stimano sputando sul tuo libro di storie. Ognuno ha il suo modo di raccontarsi, ma che vuol dire?
Ora sei seduta su un dado bianco con numeri neri in una delle tue stanze dalle pareti rosse. Non riesci proprio ad andare oltre; confini, sono confini. Queste porte sprangate cadono giù, non esistono stipiti e tu lo sai. Spingi. Appoggiati sulle spalle. Quelle si schiudono col suono di fisarmonica come fossero promesse sghembe di giorni nuovi. Hai provato ad appenderci quadri, ci volevano i chiodi, ci sono quelli delle tue smorfie. Dolore, gioia, amore palese, amore che fa male, una chitarra stonata. Rabbia anzichè forza. Rabbia anzichè essere saggia, ferita. Apri quelle mura rosse, ti dico. Sei seduta su un dado stasera, ce la fai nella tua t-shirt verde sotto una camicia bianca a scacchi blu. E una faccia nè pallida nè adirata, senz'altro malinconica e per nulla, a dirsi, felice.
Apri le pareti senza oltrepassare d'usci. Esci senza passare i limiti. Liberati, perchè questa sei tu. Chiodi e risa. Ti senti di gomma, ma non cancelli niente. E batti la scarpa quando l'appoggio io pure e lui con lo stivale. Se non ti ama siete almeno sullo stesso spartito e allora d'accordo partiamo, d'alloro i rami per strada. E baci semplici. D'abbraccio poco dopo natale sapeva l'armonica a bocca in sol che ci dice che sì, ci dice che occhi pesanti poggiati su dita su corde si dicono amanti tra loro e sanno guardare e sperare abbastanza per poter continuare su un piano che è un numero solo su cui ti siedi a gambe incrociate. Rischioso tappeto di tasti da suonare che sa di casa. Un numero, una nota.
Tuta da nostromo quando sei sulla luna con gli occhi, astronomo in mare, la luce cui abbocchi e pensi che speranza sia scrivere per storto con una mano piena di fortuna da sgranare come sguardi stupiti, destini diversi, destni distanti, destini soltanto. No. Vuoi costringere quei dadi al tuo numero nelle mani come semi e lanci senza darti a gabbie di corde, di getto, ma te le tendono proprio. E non ci sono tendoni. Solo bicchieri pieni di neve a cui tirare palle addosso come al Luna Park. Cerchi di saltarne fuori prendendo di corde quelle lanciate come cime, segni, segnali di strada.
Non stai piangendo affatto, puoi vedere le colpe se non appanni il finestrino di grida. Tu grida, però. Ci siamo scaldati, solo scaldati. Sedie con cuscini arancio o poco più scuri; sgabelli di legno. E l'importante è che siano pieni. Luci verdi e gialle e bianche si fanno cerchi, rotondi, sopra tendaggi del colore della sua camicia vinaccia di ogni sera. Ci siamo scaldati, solo scaldati. Ma tu cazzo fai, Pierrot? piangi?
Ho consigliato di non fidarsi di te per scherzo, per proteggere i miei approcci timidi, perchè mi dichiarerei in arresto, ma non posso. Smettila con le denunce se no m'addormento di una stanchezza qualsiasi. Guarda l'orologio, t'indica pure la data. Se hai solo il polso, meglio. Le vene fanno a gara a rincorrersi, creare circuiti, ti dicono anche loro quanto hai vissuto come una stella mentre ti perdi a guardarla e pensare. Te lo regalo alla prossima festa un orologio che ti dica la data, tu intanto sposta la porta senza stipiti, dondola della tua aria di gesso, fatti guardare guardandoti intorno. Sono dita su corde. Sono piedi su corda. E tu non sei clown, quasi neanche attrice, donna pure da mimo. E rossi tramonti sul mare per i polmoni: i tuoi palinsesti, in cui sbattere. La luce è lì dentro, lì, dentro, perchè tu sai perdere la testa, ma non la perdi mai, con occhi tristi o entusiasti. Continua a farla perdere agli altri.
Il proprietario del locale non ha preso sul serio la nostra fretta nelle voci e la margherita è arrivata in ritardo. Tu non avevi insomma ancora deciso se l'amavi ma già lo avevi baciato. Il proprietario della pizzeria aveva altri fiori all'occhiello da cogliere e al tavolo chiamava 'amici' i suoi ospiti. Non era questione d'attrarsi o distrarsi, ma di tempo volato di minuto in minuto e fame di risposte pronte. Non ti ho fotografata, ma ho fatto il primo piano a un altro dei miei pensieri liberi. Il cajon dal suono torbido che mancava dentro la mia testa continuava a sbattere con mani sempre più ferite, bollicine e qualche graffio, bruciore da non coprire il suono, non assordante. Gli contavi i testi che non aveva ancora imparato, testi da sussurrarre appena tra labbra strette e sottovoce. Un altro ti faceva cenni d'intesa. Un 70 di vodka fingeva di non integrarsi con 2-3 limoni che s'erano sciolti nei ghiacci. A stantuffo scrivevi poggiata, col sangue, poggiata sulle tue cosce e poi gambe di sgabello dopo. E a casa ti spogliavi dei jeans davanti al letto riscoprendoti dea e ti sei meravigliata dello specchio ch'era sempre stato a guardarti. Che stupore la possibilità narcisa d'averti, occhi e panni e lembi di pelle per poter riflettere di quella bellezza. E continuare a cercarsi.
Mi sono ricordata dei coriandoli che hai deciso ora di regalare, li ho riposti nell'armadio a destra nell'attesa eterna del suo venirli a prendere. Questa testa morbida d'alcool segue la tua corsa sfuggente tra le siepi di un labirinto senza drago, solo pieno di sensi.
E tu, pettirosso, come tutti, oggi non hai volato per me, non hai spiegato le ali per me. Non mi sei venuto a prendere e mostrare la strada. Lo Swing Club 2 dentro cui innamorarsi ad un primo appuntamento non suonava stasera. Forse non c'è più. La serranda abbassata e quell'edificio ingabbiato mi han detto altro, nel freddo glaciale di quelle vie ho creduto che l'ambientazione per un nuovo ingordo romanzo potrebbe essere proprio lì. Il jazz vi si respira tutt'ora, ma è solo lo sparo lungo della sua pistola. Nel sonno mi sono tenuta la lingua tra i denti, ma i sogni non li ricordo più comunque. E ri-dormo.
Non avrà capito anche lui che stanotte ero Pierrot?
E non avrò lenti da piangere, letti nè ingradimenti della lacrima spessa messa indosso e proprio sotto gli occhi di tutti.
(h.n.)

CAZZO FAI, PIERROT
(jacopo spad spadoni) (2001)

Se ti chiamo, non rispondi,
se ti cerco, non ci sei,
se poi rido, dovevo stare serio,
se a volte piango un po’,
cazzo fai, pierrot..
cazzo fai, pierrot..

Se sei bella, sei invece grassa,
se sei brava, potevi fare meglio,
se se lei è simpatica, è una troia,
se poi ci vado a letto,
tu me l’avevi detto..
tu me l’avevi detto..

Se il mare a te, non dice niente,
se va bene tutto, tanto non ti piace,
se mi telefona Maria, quella ci prova,
se ci prova, a te non frega niente,
dell’altra gente..
della mia mente..

Ma se pensi a qualcuno
e dici che sono io,
ma se mi porti a far l’amore
al nostro parco,
ma se rispondi alle tre
del mattino ridendo,
ma se mi chiedi anche di salire
per uno spinello,
il mondo è bello..
l’amore è quello..

Se ti chiamo, non rispondi,
se ti cerco, non ci sei,
se poi rido, dovevo stare serio,
se a volte piango un po’,
cazzo fai, pierrot..
cazzo fai, pierrot..

lunedì 8 febbraio 2010

Morgan

Si sono accorti ora che Morgan è un bravo artista? Che schifo di ipocrisia. 
Non ho mai provato droghe pur avendo avuto vicina tanta gente che ne usava, ma ne ho visti, dio se ne ho visti, di uomini e donne e ragazzini distrutti dagli psichiatri!

Se c'è questo tipo di società di VUOTO ed incapacità di amare e di far fronte alle proprie voragini affettive ci sono anche responsabilità di scelte culturali e politiche. I piagnistei in poltrona davanti a persone plausibilmente autentiche son vergognosi. E che un ex Ministro della Salute non abbia neanche una precisa visione dello stato del problema droghe in Italia è scandaloso.
Che Livia Turco anzichè piangere a Porta a Porta si leggesse Parolini.

Sì, contro la droga, cura la vita (Don Ciotti). Don Ciotti l'ho sentito parlare, grazie alle Associazioni Acmos e Libera con cui ho scelto di spendere la mia giovinezza, tante volte.

Credo che giudicare, cacciare, estraniare, escludere, una persona con un problema sia la cosa più sbagliata e ignorante che possa esistere. L'inclusione è la prima via.
Quello dell'esclusione e dell'abbandono isterico, del (pre) giudizio, del considerare una persona non in quanto tale e avente un un problema di droga, ma in quanto 'tossico' ritengo sia l'atteggiamento più sbagliato e privo di valori che possa esistere.

Che pena il chiudere gli occhi giornalmente facendo finta di nulla quando, dagli anni 70 ad oggi, in qualsiasi città basta uscire di sera per le strade o entrare in una scuola superiore nell'intervallo per rendersi conto di come sia facile entrare 'nel giro'. Chiudere gli occhi giorno per giorno e poi criminalizzare ed insegnare l'allontanamento verso chi ha e ammette un problema come se ci fosse qualcosa di educativo in questo.

Tirar fuori nomi e dati giusto quando 'fa figo' è penoso davvero: Don Ciotti a me ha insegnato il sentire la corresponsabilità. Corresponsabilità che non è un gioco allo scaricabarile e non prescinde la responsabilità individuale, anzi, l'innalza ad un livello solidale e laddove si blatera così facilmente di indignazione e senso umano, forse bisognerebbe darle merito.

Trasformare giornalismo e comunicazione in gossip e mera pubblicità anzichè mantenere il senso culturale e soddisfare il potenziale educativo che essi hanno è una manovra irresponsabile, pericolosa, diseducativa, sbagliata, irrimediabile, vergognosa e schifosa quanto e più del fare uso di droghe. E' un qualcosa che non permette una visione lucida di quanto accade e lo fa in modo subdolo. E' la tossica dipendenza della nostra 'dis'informazione attuale.
E intanto imperano qui e là titoloni su media che tanto amano fare un 'caso' delle dichiarazioni 'scandalose' di Morgan (aumentandone la visibilità, ma cancellando lui dalla scaletta del festivalone nostrano come 'messaggio' solo della solita ipocrisia) e gira la notizia che forse lo inviteranno come ospite 'd'onore'. Secondo quale coerenza non si concepisce.

Visto lo stato pietoso in cui è via via finito il Festival di Sanremo, la direzione può giusto cercare espedienti di tal fatta per farsi pubblicità.
In quanto all'invitare Morgan, adesso, ovunque, è un altrettanto vergognoso business, visto come prima sia stato uno di quelli sempre abbastanza snobbati musicalmente dando piuttosto spazio a emeriti ignoranti oltrechè senza alcun talento artistico, vedasi 'Amici' e compagnia bella...
Ebbene anche questo la dice lunga di come in Italia certi salotti possano considerarsi degni di parlare di musica, di arte o di cultura. Per altro, per battuta...ma nemmeno poi troppo, potrei pure dire che se tutta questa attenzione su Morgan, riflettori puntati, complimenti e riconoscimenti sul suo lato artistico, ci fossero stati prima e non ora, strumentalmente, magari neanche sarebbe caduto in depressione :)

Ci tengo a specificare che nella mia trattazione della vicenda tento di passare un mio pensiero in cui Morgan è poco più che pretesto. Il contesto è comunque quello di gente che blatera umanità verso Morgan quando sta già di per sè facendo parte dello show business e lucrando sopra alla drammaticità di una situazione ipocritamente vista come scandalosa e gravemente problematica, quindi ripudiata. Questo di umanità non ha NIENTE. E i protettori dell'educazione e dell'acculturamento dovrebbero rendersene conto anzichè straparlare.

Sono personaggi pubblici anche i ministri, i giornalisti e chi per essi che trasmettono il messaggio che davanti ad un problema di droga bisogna criminalizzare e allontanare, denigrare e offendere, quindi escludere.
Morgan non fa il professore, per altro, fa l'artista. La Turco è stata insegnante, Ministro della Salute, sembra lavori in commissione 'Affari Sociali' e non conosce la situazione droghe in Italia, se la fa spiegare da suo figlio e quando si ricorda delle sue parole piange in poltrona da Vespa.

Mi sembra chiaro che le dichiarazioni di Marco Castoldi (Morgan) non fossero frutto di una volontà lucida.
Ed era secondo me molto chiaro, ovviamente, anche al giornalista che se n'è approfittato con gioia.... basti vedere come ha condito l'articolo (con tanto di fotografia particolare, tra tante,...e via dicendo).

Morgan è vittima tanto quanto lo è qualsiasi vittima, appunto, della droga. Non di più, non di meno.
Può essere vittima di fragilità, di una società che non ne ammette, ma le esaspera allo stesso tempo, di uno show business che di arte non capisce niente, ma va matto per il gossip. Altro che umanità e valori!
E' vittima soprattutto di se stesso, ma lo sa pure lui, a mio avviso.
Lungi da me proclamare difese a spada tratta verso chi sceglie la strada della droga come risposta alla propria disperazione; l'ho premesso, la mia strada è sempre stata lontana da una scelta di questo genere, ma l'analisi dei fatti è e deve essere più a largo raggio, se no che non la si tenti proprio.

Approcciarsi a dei problemi sociali facendo finta d'impegnarsene e non essendo in verità interessati nè in grado di guardare in faccia le persone che quei problemi li vivono è parte del qualunquismo sfrenato di cui è pregna la cultura italiota di oggi in cui la scissione tra ciò ch'è pubblico e ciò ch'è privato non si sa più quale sia.

Tutti quelli che adesso invitano Morgan nei loro salotti dandogli dell''intelligente' e dell'artista 'di rispetto', che rispetto hanno avuto per la sua arte fino ad oggi? che amore hanno professato dalle loro poltrone per la sua 'cultura musicale' e il 'suo talento' prima che gli fosse funzionale a dichiarazioni di stampo scontatamente perbenista e ipocrita?
che interesse hanno avuto e hanno a oggi per la sua 'salute' quando scelgono ancora una volta di lucrare sulla drammaticità (come la definiscono loro, come se la droga in Italia, fra l'altro, non si fosse sempre più sviluppata grazie a manovre di stampo politico e ad interessi mafiosi ben precisi) della sua miseria?

Se dovessero sparire o fossero stati da escludere e ripudiare tutti quelli dichiaratamente drogati non avremmo avuto i maggiori musicisti, pittori, scrittori, poeti,,... internazionali.
Il fatto che prima il 'grande talento' (a detta dei porta a portari di oggi) non fosse invitato come ora nelle varie trasmissioni come musicista (la strada 'sana' che quella persona ha scelto per sè e in cui realizza il suo io), e che nell'ultima settimana sia ricercato molto più che nei recenti anni è molto significativo, infatti. Così come il fatto che la Rai oggi decida essere diseducativo e fuorviante far partecipare Morgan ad un palco musicale senza dare invece un 'messaggio chiaro' in risposta alle sue dichiarazioni, dunque escludendolo e poi lo inviti a destra e sinistra in qualità di 'drogato' per piazzarlo su palchi di tipo diverso ed aumentare così l'audience dei propri programmucoli.
(A giudicare dalla situazione culturale italiana attuale) vien voglia di spararsi in vena qualcosa.

Chissà magari sul palco ligure inventeranno prima o poi un 'club Morgan' chè tanto certe cose si devono ricordare sempre e solo DOPO e nemmeno sempre. E magari al festivalone nostrano agli anniversari dell'ennesimo artista deceduto per problemi di depressione prima che di dipendenza, inviteranno a cantare le sue canzoni prima snobbate e idolatreranno quello che prima era da emarginare dedicandogli commemorazioni.
Tanto in Italia piace commuoversi....ma solo e sempre davanti alle targhe con doppie date, mai davanti agli uomini.

venerdì 5 febbraio 2010

BATTIAMO IL GUINNESS! 25 ORE DI MUSICA

IL GRANDE FRESCO, lo spettacolo itinerante più simpatico dell'universo, cercherà di entrare nel GUINNES DEI PRIMATI, mettendo in scena il varietà comico musicale più lungo del mondo: 25 ore di poesia, musica e ospiti.

Si comincerà alle 20 di venerdì 7 maggio per chiudere (e parlo di chi sopravviverà) alle 21 di sabato 8 maggio.
Una maratona che resterà nella storia, che coinvolgerà tutti gli ospiti che in questi quasi due anni di avventura hanno calcato le scene del Grande Fresco.

Guido Catalano, Matteo Negrin e Federico Sirianni, vi danno appuntamento già da ora a questo evento che catalizzerà l'attenzione della città.

Il tutto si svolgerà, fra aperitivi, cene e colazioni, fra infermiere scollate e pusher della zona, fra flebo e amplificatori, fra alcool e bombole d'ossigeno, presso l'ART IN TOWN di via Berthollet 25, nei ventricoli di San Salvario.

Prenotatevi fin d'ora, organizzate i turni, i sacchi a pelo, le vivande, le cheerladies.

Via via entreremo nei dettagli della maratona, sono previste anche canzoni, musiche e poesie a richiesta da parte del nostro meraviglioso e, come speriamo si dimostrerà tale, infaticabile pubblico.

lunedì 1 febbraio 2010

15.01.10 - Aprite i forzieri, fuori gli uomini!

(Alamo - Vecchioni)

Dov'è finita la fretta di me? No, tu non ci sei, ma due altre sorprese m'attendono: una è il cielo strisciato d'un mattino appena incomincio.
E' rimasto un solo colombo di turno sul tetto.
I campanili sono tutti austeri con i loro orologi pronti a svegliare il paese. Magari anche te.
Vorrei cambiare oggi e aspettarti nascosta, spostarmi di lato con fotocamera pronta e sorprenderti senza che ti spaventi. Incorniciare i ricordi.
Al suono delle campane di tutte le cattedrali nelle piazze è scattato il cambio della guardia tra i piccioni davanti. Poi sono comparsi anche gli altri. Gli uccelli stanno riempiendo le antenne delle case. Sulla tua non mi sembra tu sia arrivato. Non posso vederti. Potresti esserci adesso, magari alla stazione.
Dimmi quale e trovo il modo di recitare la scena d'aspettarti. Scopri il modo e riuscirai ad avere qualcuno con l'adrenalina scocciata per il ritardo di trovarti.
Solitario; in distanza; comunque allegro, almeno ieri, almeno penso.
I colombi beccheggiano caffelatte sul tetto. Due, appartati, si danno baci senza che ci facciano caso le auto che abbandonano i parcheggi.
Dall'altro lato di casa le nubi giocano un nascondino diverso da quello che conosco e lo fanno insieme alle punte sale e pepe di montagne nude.
Magari sei lì che gironzoli, magari c'è qualcuno più sicuro di te. Magari un pettirosso col petto rosso e non la coda. Magari dovrei correre lungo la diagonale di casa, attraversare stanza per stanza senza buttare gli occhi sulle pareti, adottare qualcuno anche di là e cercarvi entrambi. Potrebbe essere divertente come gioco di bimba o stancante. O potrei perdere tutto. Non posso.
Volevo proteggerti dagli incubi di oggi, da cadute o criminali famigliari. Ci riuscivo nel mio sogno disadattato agli umori del giorno.
Anche i miei amici nelle loro case si svegliano, ma resto in distanza come fa il pettirosso. La mia non è indifferenza, forse disinteresse. Dieci minuti alle dieci e il pettirosso scuro si mette in posa per un servizio fotografico intero. Ha la faccia nera e il becco piatto.
Un'ora dopo torna con piccoli saltelli in balcone tra pavimento e una ringhiera di sbarre che non possono ingabbiare. C'è un sole caldo che pare estate, ma il cielo brontola e dentro non si vede volare nessuno. Il pettirosso ha saltellato e l'ho seguito fin su un albero di foglie già verdi, più in là. Quando s'allontana diventa piccolo, ma non per me.
Forse è passata anche la mosca. Ora che c'incontriamo da giorni quando guardo il pettirosso controllo il colore della coda per far finta di riconoscerlo, ma poi so che è lui perchè credo al nostro costruire questo rapporto di incontri gelosi e mattinieri. Potreste essere tutti uguali voi pettirossi, potrebbe volerci poco a sbagliarsi. Sì, la mosca era qui. Le ho chiuso la serranda in faccia ed è andata via offesa. Speriamo ora non vada a bruciare auto. Non posso far finta di niente e sottovalutare le reazioni di una grande umiliazione o torto subiti.
Mi abituo alle tue abitudini, mentre tu poi sta a vedere che vuoi scombinarle. Pure io.
Tre aiuole innaturali nel mio bagno accolgono i passi dei piedi rendendoli morbidi come davvero non fossero tappeti.
Cambio penna e colore ogni tanto e canzone. Sulla lavagna scelgo quale scrivere. La lavagna è rimasta gobba per il calore del termosifone di sotto. C'è un davanzale di mezzo che non si fa i fatti suoi.
Cancello le parole e sembrano tappeto di pittura o onda bianca, un tutt'uno e non tante piccole parole. E cancello perchè se no s'intorpidiscono. Uso i miei piccoli mezzi per mandare messaggi anche se inutili come quelli che avrei potuto inviarti con questo telefono scomodo e la lavagna è senz'altro sincera e non di facciata pure se contiene messaggi gridati o sussurri come fosse effettiva vetrina. Ho pensato di lasciare scritta mezza canzone, tagliandola in diagonale, ma l'ambiguità potrebbe ferire. Rimangono al massimo piccoli coriandoli d'inchiostro blu che mi ridono in testa insieme al ricordo di quelli lanciati addosso a lui all'uscita del teatro e poi tolti uno ad uno con le mie dita sui suoi capelli e sul viso davanti alla sua prima richiesta che non fu nè cena nè di condividere primavere. Voleva i coriandoli, lui. Finalmente mi aveva chiesto qualcosa.
Mancavano due giorni a natale. Eppure non m'ero ancora travestita da babba per far contenti i bambini, ma sembravo io una bambina e lui non m'aveva scritta alcuna lettera e allora ho cercato nella busta di nylon una scusa e ho insaccato i coriandoli per chissà quando e quale marciapiede.
E' tornata la mosca e balzella tra i cestini arancioni di patate, aglio e cipolla. L'aglio non c'è. Non ho allontanato alcuna strega.
E' ora di pranzo, hanno sgombrato il tetto. Pensieri in osteria o voglia di non distrarmi.
Prima giocavano a rincorrersi d'intorno il campanile dell'orologio per prendersi le ali, gli uccelli.
Ci siamo abbracciati come i fiori che copiano i ricci: chiudendoci rannicchiati, senz'appassire e lavorando più forte. Sono sicura: con quella testolina stai inventando sogni per tutti. Per capire se mi ami devo prenderti dieci capelli e poggiarli sul cuscino di stamattina.
Quando ti alzi e sbracci a tuo modo sul materasso verde sei sempre il mio tesoro prezioso e non potrei immaginarne di più. Sei un sogno, però, ch'è qualcosa di un po' artigianale, come un gelato montato con neve e poi posato a freddare. Da nudi amarsi viene più facile, guarda... sei zucchero a velo spruzzato su biscotti già caldi con la mano che trema. Senz'altro speciale, originale e dolce da non nauseare. I tuoi occhi di vetro s'appannano per l'amore di dentro. Il tuo viso s'arruga, pazzesco, per smorfie di tipo diverso. Impercettibili quasi per chi non vede il tuo spettacolo. Il tuo sorriso per nulla modesto mentre non ti rispondo "perchè sì".

Ho evidenziato una frase con un colore arancio che fa sbandare, dice: "La signorina Cinquemani è meglio non farla arrabbiare, tu dammi retta.".

(I Reduci - Gaber)