Come se fosse una sorpresa in un cavolo di natale in cui non credo da tempo e poi quando proprio quest'anno respiravo un'aria un po' diversa. Oh, saranno tutte coincidenze e a farci troppo caso mi pare pure di diventar matta. Ma fatto è che, quando si tratta di noi, capitano sempre. Stavo là, a scrivere le basi della mia sceneggiatura, a discettare tra cinismo e annichilamento e poi...! Già con lui è normalmente difficile discernere tra illusione e realtà, ci si mettono pure i sogni e stiamo apposto. Più melensa di così si muore, che schifo! Ora, venendo a cose SERISSIME: io non vedo l'ora di mettere il piede sul predellino di quel treno!! E' che finché non lo abbraccio non ci credo, che poi bisogna vedere "se" lo abbraccio. Sarà l'abitudine a dover porre limiti piuttosto che prendere iniziativa; sarà che mi piace avvertire il desiderio dell'altro;.. Poi però, ecco, non credo che in questo caso lui dovrebbe patire moltissimo, dettagli, ma - a parte gli scherzi - è l'unica persona sulla faccia della Terra con cui, di solito, appena c'è un contatto qualsiasi parametro usuale salta e resta pura, spontanea, vita.
E saltano pure quei filtri che dicono io metta nel relazionarmi e non è vero. Li confondono con l'affetto che provo per la mia solitudine. E' questo a comportarmi quegli automatismi che mi riscontrano da quand'ero piccola nel modo di muovermi, di camminare, di guardare in giro,...
Mi appendono addosso vesti non mie. Io, la comunicazione la amo. E ci gioco insieme.
Ecco perchè poi mi capita di pensare che a volte i presentimenti andrebbero indagati di più nella loro sostanza senza credere di saper tutto basandosi soltanto sui propri giudizi. Il bello è che tutto ciò lo dovrei ripetere anche a me stessa, visto che con Paco faccio il contrario.
Sì, lo so, quando si "sente" una cosa, bisognerebbe farla! Non pensare al perchè non l'ha fatta lui, ecc...
E saltano pure quei filtri che dicono io metta nel relazionarmi e non è vero. Li confondono con l'affetto che provo per la mia solitudine. E' questo a comportarmi quegli automatismi che mi riscontrano da quand'ero piccola nel modo di muovermi, di camminare, di guardare in giro,...
Mi appendono addosso vesti non mie. Io, la comunicazione la amo. E ci gioco insieme.
Ecco perchè poi mi capita di pensare che a volte i presentimenti andrebbero indagati di più nella loro sostanza senza credere di saper tutto basandosi soltanto sui propri giudizi. Il bello è che tutto ciò lo dovrei ripetere anche a me stessa, visto che con Paco faccio il contrario.
Sì, lo so, quando si "sente" una cosa, bisognerebbe farla! Non pensare al perchè non l'ha fatta lui, ecc...
(Pino Marino - Binario 3)
Gli altoparlanti della stazioncina di provincia restano immobili in mezzo alle scritte vandaliche di insulti e ai numeri di telefono.
Chiamano il suo treno.
Lui si muove nella stazione con sicurezza, praticamente a suo agio: un colpo di tosse; uno sguardo al display per conoscere il binario ma il suo treno non è ancora segnalato, allora al tabellone; raggiunge il convoglio; sale.
Lei: un paio di foglietti in mano che ricontrolla di nuovo, ed arriva alla carrozza, la sceglie; poi prima di salire chiede conferma della destinazione ad un tipo che sale con lei, e sorride.
Dal finestrino, durante il viaggio, gli occhi di entrambi notano in mezzo alle campagne l'uomo che cammina proprio tra due campi, dritto per la sua strada, con le mani dietro la schiena e accompagnato da un cane che gli scodinzola intorno.
Hanno la stessa luce nello sguardo che inquadra. Non si diranno mai niente di quell'immagine.
Ora sono in attesa di prendere la loro coincidenza: incrocio di strade.
Mi trovo sul treno e ho provato ad aprire il mio libro per cercare di far passare questa prima mezzora più rapidamente, ma soprattutto pensando il meno possibile. Ogni tanto do un'occhiata fuori, mi osservo intorno, guardo le mie ginocchia e i piedi, spostando gli occhi dalle pagine della Pivano che sfoglio sottolineando con la matita qualche frase.
Anche esser salita su questo treno è un gesto che per me assume tanti significati. Quello di ricapitare su una ferrovia dopo secoli, eccezion fatta per qualche tratta Ciriè-Torino, per esempio. Quello di prendere e, di punto in bianco, “partire” per raggiungerlo, anche. Seppure stavolta sia lui ad essere arrivato qui, a pochi km da dove vivo.
Mi trovo sul treno e ho provato ad aprire il mio libro per cercare di far passare questa prima mezzora più rapidamente, ma soprattutto pensando il meno possibile. Ogni tanto do un'occhiata fuori, mi osservo intorno, guardo le mie ginocchia e i piedi, spostando gli occhi dalle pagine della Pivano che sfoglio sottolineando con la matita qualche frase.
Anche esser salita su questo treno è un gesto che per me assume tanti significati. Quello di ricapitare su una ferrovia dopo secoli, eccezion fatta per qualche tratta Ciriè-Torino, per esempio. Quello di prendere e, di punto in bianco, “partire” per raggiungerlo, anche. Seppure stavolta sia lui ad essere arrivato qui, a pochi km da dove vivo.
Mi accorgo che non riesco a concentrarmi troppo sulle righe che sto leggendo; mi perdo invece nel labirinto di porte che scattano immediate nella mente e sono frastagliate in cartapesta e sfuggenti come la distanza tra la frenesia che assume la voglia che ho di ritrovarci, ora che so che sta capitando, e la tranquillità contraria e sfacciata con cui affronto questo tragitto. Alla fine il libro un po’ mi prende, almeno per via dell’argomento.
Adesso devo imbroccare la coincidenza col secondo treno nei cinque o sei minuti a disposizione da dedicare ad una stazione nella quale non ho mai attraccato prima e quando scenderò a quell'altra sarò giunta alla mia destinazione: lo rivedrò, dopo due anni e mezzo.
Non si creerà così, come niente, l'estasi del primo incontro: ne sono certa per tanti di quei motivi. Mi viene da considerarlo quando, saltellando tra spizzichi di ricordi, ripercorro qualche tratto del nostro breve eppur intenso vissuto insieme. Non saremo soli, ma non è certo solo questo. Semmai è per tutto quel che è successo dopo, per i miei errori e le mie fragilità, i comprensibili motivi di renitenza che lui potrebbe avere e le idee a passargli per la testa che non ho mai avuto da conoscere. "Non vengo lì per questo. Vengo lì perché non me ne frega niente di cosa succeda, del luogo, del giorno, del modo, ma solo di stare con te (e con gli altri amici) per un po'. E sì, ho voglia di abbracciarti da tempo".
A Cavallermaggiore salgo sul secondo treno senza riscontrare difficoltà e sogghigno auto-ironica dell’ovvietà che sottende il fatto, e del mio bisogno di conferme inutili esasperato dall'aver conservato con cura l'emozione del partire per le mie mattate in giro, risparmiate solo per qualche tempo.
Giù, in galleria, qualche scalino e risalgo a controllare il tabellone delle partenze, il binario. Gradini, sottopasso, gradini. Rinnovo la mia interrogazione verso un ragazzo che adesso è davanti a me e avevo intravisto poco fa intento a contar le rotaie aiutandosi con le dita, in modo curioso. Questi è già sul mio treno mentre mi accenna un sì con la testa, prima ancora che io domandi qualcosa: “va ad Alba”, sorride. Anche io. Sono trascorsi sì e no due minuti quando me ne riaccerto pure col controllore che, soltanto sporgendo una mano in un gesto rinnovato a memoria, mi sollecita a corrispondere il mio titolo di viaggio.
Giù, in galleria, qualche scalino e risalgo a controllare il tabellone delle partenze, il binario. Gradini, sottopasso, gradini. Rinnovo la mia interrogazione verso un ragazzo che adesso è davanti a me e avevo intravisto poco fa intento a contar le rotaie aiutandosi con le dita, in modo curioso. Questi è già sul mio treno mentre mi accenna un sì con la testa, prima ancora che io domandi qualcosa: “va ad Alba”, sorride. Anche io. Sono trascorsi sì e no due minuti quando me ne riaccerto pure col controllore che, soltanto sporgendo una mano in un gesto rinnovato a memoria, mi sollecita a corrispondere il mio titolo di viaggio.
Ho cambiato posto a sedere rispetto a quello su cui mi ero appoggiata per la verifica del biglietto. Mi sono tolta il cappotto e ogni tanto sorveglio il numero di fermate che mancano alla mia e non leggo il libro, perché tanto adesso è inutile e nemmeno scrivo. Ascolto il mio lettore mp3 e basta. Poi curioso nella borsa e sì, in conclusione, mi appunto sul quaderno due immagini rubate dal treno corrente.
Sono arrivata.
Scendo e so di conoscerla bene questa catena di sensazioni: quella che mi conduce in stazione; quella del tempo sul treno che è cocktail shacker di tante; quella d'avviso, destra e istantanea, giunta scoccata quando adocchio il cartello che indica la fermata precedente la mia; quella impaziente che concede secondi alla frenata affinché il mio treno si plachi e spalanchi le braccia, lasciandomi libera, mentre io raccolgo oramai la risposta ad uno di quei giochi abitudinari che faccio e che si traveste anch'esso, stupidamente, da 'coincidenza', rimanendomi forse per tanto a girovagar nella testa: la canzone che ascoltavo mentre sono arrivata. Era "Lady E". Senza farlo apposta.
Prima di uscire sul lato della strada, mi guardo attorno come a volermela scrutare un po’ questa stazione incrociata e da adesso mia. A prescindere da te che in questo pomeriggio non sei ancora qui. Ascolto Last Leaf. Poi metto via il lettore e parlo al cellulare, dico che sono arrivata e che ancora una volta mi sono rivelata meno imbranata di quanto tenda a dare a vedere in principio.
Mi soffermo in fronte all’ingresso della stazione, sia perché loro mi raggiungeranno ed è il posto migliore per trovarci subito, sia perché passeggiando dall'altra uscita, a canzone finita, sono arrivata proprio qui. C’è un signore accanto a me e d'istinto mi persuade il convincimento buffo che potrebbe somigliare proprio a Paco una volta invecchiato. Verrebbe quasi da supporre che le chiacchiere della mente stessero intanto scrivendomisi a chiare lettere in viso in quanto quello mi si approccia e mi fa “ciao, come andiamo?”. Non contraccambio confidenza, così come mia madre vorrebbe, ma soprattutto perché qui siamo in Piemonte, non giù, ed è preferibile usare le dovute cautele. Che poi, investendo in questa logica ‘qui’ non sarà mai sud.
Il tempo di una decina di parole al telefono che il clacson dell'auto con cui arrivano Paco e i suoi amici sta già strombazzando insieme alle loro voci, come potevo aspettarmi. Loro, non sono mica piemontesi.
Mi soffermo in fronte all’ingresso della stazione, sia perché loro mi raggiungeranno ed è il posto migliore per trovarci subito, sia perché passeggiando dall'altra uscita, a canzone finita, sono arrivata proprio qui. C’è un signore accanto a me e d'istinto mi persuade il convincimento buffo che potrebbe somigliare proprio a Paco una volta invecchiato. Verrebbe quasi da supporre che le chiacchiere della mente stessero intanto scrivendomisi a chiare lettere in viso in quanto quello mi si approccia e mi fa “ciao, come andiamo?”. Non contraccambio confidenza, così come mia madre vorrebbe, ma soprattutto perché qui siamo in Piemonte, non giù, ed è preferibile usare le dovute cautele. Che poi, investendo in questa logica ‘qui’ non sarà mai sud.
Il tempo di una decina di parole al telefono che il clacson dell'auto con cui arrivano Paco e i suoi amici sta già strombazzando insieme alle loro voci, come potevo aspettarmi. Loro, non sono mica piemontesi.
Un rapido saluto a chiudere la conversazione ché voglio accompagnarli i nostri occhi pronti ad imbattersi. Non faccio in tempo a raggiungere la portiera che Paco è già sceso, coi suoi occhiali da sole da sfottere.
"Scema!", e ad abbracciarmi è innanzitutto la voglia di vederci che percepisco anche sua. Precisamente il dubbio che mi ha attraversata negli scorsi due giorni, fugato dalla prima impressione. Ma noi siamo fatti così. Ho capito di aver fatto bene a venire.
"Scema!", e ad abbracciarmi è innanzitutto la voglia di vederci che percepisco anche sua. Precisamente il dubbio che mi ha attraversata negli scorsi due giorni, fugato dalla prima impressione. Ma noi siamo fatti così. Ho capito di aver fatto bene a venire.
(Binario 3 - Samuele Bersani feat. Fabio Concato)
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