"T'è rimasto dell'umido agli angoli della bocca"
t'ha detto il mio tono sfuggente.
Non mi hai guardata e,
confrontandoti con le tue buone ragioni,
hai creduto al mio solito delirio. Poi, uscendo, hai guardato lo specchio. Lui era sporco.
Ti sei andato a lavare il viso. Lo specchio è rimasto sporco.
Tu, candido sei ri-uscito, in un modo o nell'altro, a bocca asciutta.
"Io non t'avevo baciato", ho detto appoggiando Malizia
sul ring della mia disarmonia dalle tue occhiaie.
All'angolo i previdenti suggerimenti di utilizzare amore
non più come suggestione.
Sono segnali di attenzione che capitano sugli occhi neanche fossero moscerini alla luce.
Tu hai fatto finta di niente e di nuovo non ho potuto darti torto.
Pizzico le corde del tuo silenzio
e non so mettere le dita sulla tua anima come da accordi.
Non mi laverò nemmeno la testa prima d'un'ora, mi sono detta allora. Bisogna che io rimetta
a scrivere
l'animo abbarbicato sul muretto del mio castello;
il secchiello sentinella già gli dà la spalla.
Mi costruisco tutto da sola e spesso in testa:
non posso asciugarla e prosciugarla insieme, io.
Facciamo come una scena al replay:
io vado indietro coi passi e torno seduta sul materasso,
t'affacci tu in stanza
e mi chiedi qualcosa
senza volere niente di me.
T'avvicini, t'avvicini.
Io ti cingo di braccia la pancia e m'appoggio a riposare la mente svegliata
di poco.
Io che quando apro gli occhi non parlo per 47-48 minuti, tranne che con mia figlia.
Io che sveglio con me l'indigesto imbronciarsi d'ogni mattina
e se vuoi vedermi sorridere in quell'ora devi giocare in totip.
Io ti cingo d'abbraccio e m'appoggio alla tua abbondanza
senza dirti neanche adesso che d'affetto so che me ne trasmetti tanto.
E tu per una volta senza per questo pettinarmi in capo
mi carezzi tutte quelle mie frasi che suonano clacson
tra il mio credere a tutto sgangherata
ed il vagabondare disperatamente attratta da banali presagi di pezzi da ricompormi addosso
trovati per strada, scoperti nelle loro nudità
chè d'arte si deve pur parlare prima o poi.
E di me che ti cingo potrebbero farne gli artisti soli il solito dipinto che non saprei colorare bene.
E di te che mi pettini le idee folli che mi trafficano dentro, sarebbe più fantasioso disegno.
Il diario di viaggio è dentro alla borsa dove mi han cercata altri,
al telefono di mattina può chiamarmi solo Ric,
ma tu sei qui e di leggermi tra le righe non t'importa
e del telefono figurarsi
e d'altra parte io ho finito per pensare di capire
che cercarti dove so esattamente che non ci sei, è poco utile.
Ho dato colazione alle mie aspettative a disarmarmi
con la solita arma avversaria in cuore
e ti ho forse chiesto il primo "per favore"
senza pretendere che fossi tu a sapere
che voglio solo
adesso
qui
che mi schiaffeggi un po' di baci
prima d'andare a lavorare.
h.n.
10.21 del 30agosto2010
Come accade spesso, mi ci trovo dentro, in molti punti.
RispondiEliminaMi costruisco tutto da sola e spesso in testa: / non posso asciugarla e prosciugarla insieme, io.
Asciugare e prosciugare si assomigliano, però.
Bentornata, fra l'altro.