SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

mercoledì 19 agosto 2009

Se mi ami disilluditi

gianmaria testa - 3/4
Da Said ho preso i sandali stretti per assaporare un passo dopo l'altro e rallentare la corsa, gli ho lasciato un mascara a metà. Da Hans Starkey ho preso e lasciato e lanciato polvere di carta colorata da farne coriandoli per messaggi d'auguri a natale e lettere di riscatto il resto dell'anno. All'autista della mongolfiera ho lasciato il mio testamento e ho già preso troppo per chiedergli un altro volo anche se so che me lo regalerà quando sarà scoccata l'ora giusta. Poi c'è Francis a cui ho preso un pezzetto di cuore per lasciargli una spia che potesse aiutarlo a cercarmi. Allora forse dovrei dire pure di tutti quelli a cui ho tolto la voglia di cercare panorami invitanti scaldandoli per una notte o poco oltre sotto ad un ombrellone colorato che proteggesse i giocattoli che ci si può costruire da soli con legno e carta e un coltello e colla. Con gli stessi ingredienti ho messo su il nostro amore, l'ho difeso come fosse famiglia, come fossero modi diversi di avere fame. Poi mi sono chiesta se questo eludesse libertà alle mie trecce, alle mie calzette a righe chè una bimba con le calze a righe si può vedere ovunque, ma io non sono mai rimasta inosservata nelle storie di chi mi ha incrociata, spesso anche se per poco. E così ho provato a rendere liquido il mio amore, l'ho sciolto con il sole che scaldava i fogli appesi con pinze colorate a dondolare al vento, sul balcone. Erano lì ad asciugare come se tutti li dovessero capire e non davano modo a nessuno di farlo e mi facevano arrabbiare perchè io, io faccio uguale. Solo non mi appendo, ad asciugare. Disilluditi, non potrò essere tutto come mi vedi ora, commetto errori continuamente, mi vedi. Mi scopri e mi bussi alla spalla e mi giro di storto, ma non riesco mai a guardarti altrettanto. Tu hai gli occhi precoci di chi chiede scusa come se avesse colpe d'essere vita, pura, senza ritratti da regalare a qualcuno, senza cornici da appendere per ricordarsi chi sei. Disilluditi perchè io possa riconoscerti figlia. Disilluditi perchè io possa vederti un giorno, madre, e dirti che avevi torto, che non mi sono disillusa e ho vinto la partita ad arte. Ti ringrazierò per aver imparato a non permettere che si sciupi ciò che ho. Ti dirò grazie per non avermi detto niente affinchè potessi scoprirlo in quel giorno nel deserto di sabbia che era una spiaggia e c'era una pietra nel mio sandalo stretto, sotto la pioggia, in quel bagnasciuga senza sole, ma con i fogli asciutti, appena scritti. Ed era un calendario di un'estate che fu mia. La riconobbi anche negli anni... l'avevo davvero vissuta tutta. Grazie allora per non aver detto niente. Invece qualcosa avevo sentito: "il tempo fa danni, ti porta avanti mentre la mente resta lì a gridare e fare schiamazzi in un ingorgo, ma continua, prima o poi il traffico scorre e la strada ti aspetta. E non aspetta". L'avrà cantato una canzone o l'avrò letta su un libro, ma gli schiamazzi li ho sentiti quella notte mentre sognavo, ma non una vita diversa, non un amore altro, non un vento più forte o una brezza più fina. Si è fatta mattina d'un tratto. Tratto di penna, tratto che percorro e poi sfuggo, ma senza che scappo. Lo sfumo di china,...dicevo: si è fatta mattina, gli schiamazzi li ho sentiti nel pomeriggio, erano quelli dei bambini che giocano a pallone nei cortili. Io ero sul balcone e li ascoltavo soltanto mentre guardavo dondolare i colori delle pinze. Odio sentirti addosso, odio l'entusiasmo frenetico, odio la voglia di fare e di stimolarti a fare, odio le delusioni e la distanza che si sente forte in questa stanza e mi dà modo di averne o è solo una scusa, senz'altro una scusa. Odio non riuscire a dirti. Odio questa trappola, gabbia per incoscienti e quando non ti sento, so. Odio scrivere, vomitarti cose che ci nauseano. Eppure succede ogni volta che metto giù il telefono. Odio finchè non m'impegno in qualcosa e allora poi passa, si smorza... amo, un po', le mie crisi d'astinenza dalla tua droga. E allora mi ricordo di quel chewing gum sotto la scrivania che appiccicò la bambina mentre con le calze a righe e la curiosità tornava ogni pochi secondi a prendere una caramella dalla carta colorata dalla barchetta di carta bianca, non si sa se da entrambi i lati, che ne raccoglieva sul tavolino davanti a me. Ci mise stupore, ci lessi meraviglia, vidi il suo impegno e la sua concentrazione. Non c'erano manco i remi e avrei dovuto disegnarli o incastrare due stuzzicadenti o cucchiaini da gelato. Ho sperato si disilludesse o che gli zuccherini finissero di colpo, ho sperato dovesse andar via con sua madre prima di lasciarne uno soltanto. Disilluditi - le avrei detto volentieri. Disilluditi, cambieranno le cose, troverai salato il prezzo di ogni gesto, sarà pesante ogni mossa, non troverai la scacchiera giusta verso cui viaggiare. Sarai insicura come lo sono io, mentre mi vedi perfetta. E forse è anche giusto così. Disilluditi però. che non sia io a doverti aprire gli occhi con un trauma. Disilludi le braccia che m'abbracciano e mi vorranno spingere e picchiare, disilludi le orme di sandaletti sulla spiaggia, disilludi le ombre di mani che fanno smorfie e compongono quadri sui muri dove disegneremo ancora. Disilludi le mani che scriveranno che mi ami. Disilludi le dita che non sapranno che tasti pigiare, ma tieni l'amore. Disilluditi, ti prego. Sono abituata agli eventi unici e rari da quando sono nata, ma l'anello l'ho sepolto sotto quella pietrolina che mi salì tra le dita dei piedi in quella spiaggia assolata così tu potrai ritrovarlo quando aprirai quella cassaforte col mio odore e toglierai la sabbia da quel punto poco a poco per costruire i tuoi castelli, le tue forme, le tue colline dove riposare e le tue partite a biglie. Così troverai ciò che ti lascio di prezioso e sarai la nuova donna degli anatemi e ti porrai problemi come i miei, mentre io ti stringerò abbracciandoti. Forte. Ti farò male. Forse ti farò male, ma saprai sempre da chi tornare. Forse svanirò nei tuoi ricordi come luna il giorno, chè si fa mattina come niente. Niente, non avrai niente da dirmi. Non avrò niente da rimproverarti perchè saprò cosa vuol dire. Voglio solo tu sappia che ti ho sognata stanotte ed eri bella come lo sei oggi, senza specchi e piena di contrasti. Saprai che ti volevo regalare i miei sapori, le dimenticanze, tutte le dimenticanze di una vita, gli appunti cancellati dal computer, le viti che mi son cadute a terra, i palloni che ho alzato con un piede quand'ero arrabbiata, i colpi che ho battuto sul tavolo col pugno, le luci dalle finestre quand'è buio, che si sono accese come fosse un presepe estivo senza santi da idolatrare, senza madri da implorare, solo poveri cristi che si adoperano a filare la propria vita. Saranno tessuti che toccherò nei negozi prima di provarmeli addosso e farci tovaglie dove appoggio i boccali. Saranno cose che non contano mai o non abbastanza o almeno non quanto l'ardore, la passione, la forza che ci vuole per non arrendersi mai.

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