SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

venerdì 5 agosto 2011

Non io, Ma Estro a cena


L'odore di passato di verdure parrebbe non dover mai sparire. 
Proviene dal balcone dimenticato in estate, addobbato di fiori da poco per contendersi la festa di augurio di buon inizio settembre. 

Si è stufato anche il gatto, per primo, ch'è scappato sul suo cuscino ai piedi del letto, servito, in salotto. Di fresco, da neanch'un mese riverniciato. 

Il bebè viene sgridato: le voci dei grandi alle prese col nuovo pasticcio, al secondo capriccio; col minestrone mi arrivano a svegliare in soggiorno. 

Sto al piano di sopra: la mia veranda s'affaccia rassegnata e guarda alla loro finestra: pettegola! spiona! 
E' incominciata una sera ladra, di soppiatto e senza sentire bisogno di presentazioni, neanche fosse un segreto, neanche me ne potessi accorgere sdraiata com'ero sul vecchio divano che accoglie, sorregge, contempla i miei rari battenti, chiusi, sguardi al pomeriggio. 

Mi alzo. Non più d'un'occhiata al dì fuori, mancato. Peccato. Mi dedico alla cena. 
Farcisco due righi, annoto. Scrivo drammi per sdrammatizzare. Mi sono arrangiata con un'armonia dagli occhi scuri. D'accordo, ora canto tutto. Mi dice, complice, che io sono per pochi; che con me è come pescare: bisogna viversi tutta l'attesa dell'abbocco, esca all'amo. Poi, farsi tirare. 

Ma chi è il pescatore? ci son quei cui pare non esser in grado, ché gli sembra di perdere tempo. E si fermano, ignari. C'è chi mette vermi e chi pane alla propria lenza. E c'è chi abbocca comunque. 
Se ci penso mi faccio male. 
Perchè? Per nostalgia? Perchè credi, di rabbia, di non poterlo più vedere? 
Ti dispiace? E' per lui? Hai da fare? 
Mi spingono, mi strattonano, si rincorrono, mi si perdono. 
Vorrei un countdown, di grazia. 

(Drive all night - Bruce Springsteen)

Maestro, io studio la lezione, ma anche lei! Mi corregga, per lo meno un boccale. 
Anche se non sono di qui; devo aver perso il permesso, di soggiorno. 
Migro per terra, inciampante, in ciabatte e veste. Banco, solo, di prova. Dove vendersi contando pesci, finiti bocconi anche loro. 

Nessun'autorizzazione, nessun recupero. Di verifica. 
Ci creda, ho lasciato in piazza il Clan Destino. 
Ho nelle mani spicchi di curiosità al limone. Desidera? 
Maestro, mi lancio avanti e spiaccico ai muri scritti. E' fascino per lei. 
Sono spersa nei vicoli e sola e ho gli occhi pieni, Maestro. 
Del clan odo ancora lo stormire ed i sonnecchianti dialoghi di contorno. 
A cena mi sentivo a casa. Lo saprebbe se avesse chiamato! 

Mi chiede già i testimoni. Li ha gelati? 
Io sono fatta e cresciuta di loro, Maestro: parole e note, chitarra scordata. Un film. Sono cose che non so insegnarle. 
Così pure l'happy ending, la fattura delle favole. 

Poliedriche visioni accompagnano espressioni indecifrabili. Mi trovo svogliata; impegnata per le sue pagelle, mi dice. Vorrei ripassare quel tempo insieme. 

Voglio riempirle la testa di disegni rubati. Scelti, non premeditati, non prescritti. Noi, belli di etereo eterno e distratto ritratto contratto con tratto, spartito per contralto. Cobalto, il colore negli atti. Son stati fatti. Assenti opinioni. 
La pioggia incessava faticosa: si ricorda? 
Pareti gialle ne riflettevano i lampi geni. 
Ed intanto ci prestavamo pupille l'un l'altro, patteggiando e rivelando come a se stessi. 
Tocchi, a tocchi cadeva a pezzi ogni tessera. 
Niente più supermercati, videoteche, tintorie, noleggi, foto. 
Niente più prove, prigionie.
Solo, un pezzo di puzzle, lasciato alla sua storia, sul tavolo.
Abbiamo perduto il controllo per casa, per Caso. 
Chiamavamo così anche il gatto. 
Nei palmi non tenevamo linee comuni e scorgeva giusto allora il mio sorriso storto. E i pattini, piatti pronti a scivolare dalle dita. Cadevano, cadevamo; sapevamo di menta e mente; lei mente, a proferire con illogica smentita. 

Non posso più dire che non ci sia, pur'io. Stasera nessun alibi e i filtri tutti in fumo: non la nostra sera; non l’acqua a bicchieri che muove, svuota le piazze di gente gentil, pazze, quando empie di sè; non il vento infimo che spiazza, spazza le carte e i progetti acquerelli, e le nubi. 

Ben diversa, arrivati a questo punto, La Partita. E ci sarà pure un giorno in cui ce lo si dirà tra sè e sè. Intanto si viaggia all'ovile. Facciamo a raccogliere frutta, olive, come quando si gioca e si arriva d'incanto dal canto al succo; come quando non vedi nulla perchè ogni idea ti sta venendo a sedere vicino.

h.n. 

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