SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

venerdì 6 gennaio 2012

La piccola chimica

Il mio prof. di chimica di prima liceo, in classe, ci terrorizzava tutti. Elargiva voti con sistemi di calcoli assurdi; poi ti chiedeva di preventivare il giudizio che avresti meritato e se la tua "proposta di voto" arrivava vicino a quello effettivo, in un intervallo di + o - qualcosa, ti alzava la valutazione di un pelo. Era capace di scaricare la penna vomitando carichi di 'zero' sopra i fogli delle relazioni scritte sugli esperimenti fatti in classe, ridacchiando mentre ti restituiva il compito, ma se più del 50% degli studenti della classe aveva ricevuto un'insufficienza eliminava il voto per tutti e rispiegava la lezione per poi farci rifare la verifica. Dava un soprannome ad ognuno e durante le sue ore aveva così anche rivoluzionato l'appello 'istituzionale'. A molti di noi restò marchiato il proprio nomignolo, usato a quel punto pure tra compagni, per l'intera carriera scolastica ed anche oltre.


Io in chimica, come in matematica e in fisica, ho sempre fatto sostanzialmente schifo.
Per il prof. ero l'"idealista" e ogni lunedì mattina sentirmi ripetere i suoi sistematici e testardi inviti al pragmatismo mi indispettiva. Talvolta abbiamo anche avuto dei forti scontri in aula e lui ne usciva ogni volta con una feroce espressione compiaciuta e orgogliosa stampata sul volto.
In fondo l'ho sempre stimato perchè naturalmente intuivo la sua voglia di stimolare i suoi ragazzi.
Una volta, non so più a proposito di che cosa fosse partito il discorso e, in un cambio d'ora, mi rivelò anche lui la sua stima nei miei riguardi. Mi fece piacere anche se era una cosa che sapevo già.

Qualche volta, grazie anche ai suoi astrusi calcoli sui voti, raggiunsi il 10 in chimica. Io, per quei 10, non posso negare che sentii il suo stesso orgoglio immersa nella sensazione netta di una sorta di sfida che sembrava sempre essere in gioco tra noi. I miei genitori, invece, quando portavo a casa quei 10, non ci potevano credere e comunque criticavano con scetticismo quel suo passare da un giorno all'altro "da zero a dieci" nel valutarmi magari pure sullo stesso argomento. E ai colloqui coi genitori lui sottolineava questi miei "salti", tutto contento e soddisfatto, finchè mio padre una volta si seccò al punto da aver a che dire.
Il mio orgoglio, quando riuscivo in chimica, non era nemmeno tanto dovuto al risultato, ma piuttosto al fatto che quel segno rosso, rigorosamente cerchiato chissà poi perchè, ogni volta mi ricordava il motivo del mio trascorrere le giornate dentro a un liceo scientifico e mi rincuorava sulla mia decisione testarda che era andata - tanto per cambiare - faticosamente contro tutto e tutti. Ero consapevole da tempo che quegli anni una come me li avrebbe passati molto più 'comodamente' in un altro tipo di scuola superiore.

Il primo giorno di liceo a tutti i membri della "neo-formazione" era stato chiesto, per fare conoscenza, di esprimere ognuno la motivazione che ci aveva spinto ad iscriverci proprio lì. Si fece per alzata di mano.
"Chi è venuto qui perchè alle medie andava forte in matematica ed è stato consigliato dai professori?"; "Chi è venuto qui perchè era la scuola superiore più vicina a casa?": una valanga di mani. Io, che per altro mi godevo ogni mattino le ultime ore della notte alla fredda fermata dell'autobus situata di fronte a casa, pochi metri avanti e quindi lo schiarirsi delle sfumature del cielo dal tepore del pullman con quella radio accesa pianissimo ed il mio lettore cd a sovrastarne rigorosamente l'audio, avevo una faccia allibita a veder quelle braccia alzate.
Alla fine di quell'anomalo gioco "del fazzoletto" rimasi solo io senza aver dato una risposta. Mi fu chiesto allora in modo più diretto quale fosse il motivo che mi aveva condotta fino a quel banco, da me appena inaugurato, e io non feci altro che spiegare la verità anche se poi la voce girò e da qualcuno fui presa per ruffiana e da qualcun altro - più comprensibilmente - come la "scema" che aveva semplicemente sbagliato posto. Ebbene, raccontai come i miei professori della scuola appena lasciata, con l'ausilio di tanto di test e colloqui rivelatori della mia personalità e quant'altre sciocchezze, mi avevano sempre solo riconfermato come, senza ombra di dubbio, avrei dovuto continuare i miei studi con un liceo classico. E lo stesso ritenevano mamma e papà. D'altra parte avevo sempre ottenuto ottimi voti nelle materie umanistiche e non si poteva proprio dire altrettanto di quelle scientifiche. Non solo, la mia passione per la scrittura e la tendenza che già manifestavo all'approfondimento avevano portato la mia insegnante di italiano quasi ad implorarmi di cambiare idea quando le avevo consegnato la mia pre-iscrizione con scritto su "liceo scientifico tecnologico". La prof. di ed. tecnica, poi, mi odiava anche per motivi che esulavano dal mio scarso rendimento nella sua materia e le si rizzarono i capelli al solo pensiero della mia scelta. Il modulo nuovo che mi diedero entrambe per spingermi a ripensarci rimase però bianco, non lo compilai mai.

"E insomma, allora perchè sei qui?" mi disse la nuova prof., davanti alla classe, in quelle prime ore di liceo. "Per sfida. - risposi - Se a scuola, come ci dite sempre sia voi insegnanti che presumibilmente i genitori di tutti noi qui, si va per imparare, beh allora vediamo che riesce a fare con me la scuola italiana. Io di italiano, storia,.. solitamente già ottengo buoni risultati; ho bisogno di rinforzare maggiormente la mia preparazione soprattutto nelle altre materie nelle quali invece sono una schiappa, non sono proprio portata come si dice e su questo non posso che concordare con i miei ex insegnanti. Vediamo, insieme, che riusciamo a fare.".
Un attimo dopo, ci fu qualche momento di silenzio in cui pensai che magari avrei fatto meglio ad alzare la mano ad una a caso delle 'chiamate', unendomi semplicemente alle risposte degli altri. Nessuno si sarebbe accorto e ricordato del fatto che la mia 'motivazione' non corrispondeva alla realtà.
Ma io la mano non l'ho mai alzata a caso. Magari capendo poi di aver sbagliato, anche. Ma mai a caso, tanto per.
E dopo quell'attimo di silenzio ci fu un applauso che non mi aspettavo affatto. Fu da parte dei miei compagni, prima che dell'insegnante che invece probabilmente si unì a loro quasi solo per 'senso d'opportunità'. Sorrisi e capii in quell'istante che quella sarebbe stata una buona classe e che quell'aria di 'inizio'; la naturale emozione dell'attesa di qualcosa di nuovo che sta partendo; quella sensazione, insomma, da "primo giorno di scuola"; la si respirava davvero profondamente in quella stanza, in quel momento. 


Il prof. di chimica qualche anno più avanti morì. Non era più un insegnante del mio corso di studi perchè si occupava del biennio che io avevo superato, ma al funerale che si organizzò a scuola non volli assolutamente mancare. Mi rattristò molto. Banalmente, mi sembrò di sentir risuonare in quel cortile la sua voce insieme alla campana che se lo portava via con l'auto dal portellone aperto come se nella mitezza di quel freddo giorno di giugno stesse schiamazzando ancora una volta quel suo "bisogna essere pragmatici: io sono un pragmatico; tu sei un'idealista, ti ho capita Stella".

In fin dei conti, in chimica ho chiaramente riconquistato la mia grave insufficienza per tutto il corso degli anni di liceo.
Non ho poi ancora mai capito se davvero in questo mondo sia bene essere pragmatici e quanto. Fortemente so, invece, che è di questi prof., da amare e odiare allo stesso tempo, che mi piacerebbe che le scuole ed università italiane fossero piene piene.
Tana per te, Danny. 
Stella, tua inguaribile idealista.

2 commenti:

  1. quando me ne andrò scriverai qualcosa anche per me?

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  2. Che cosa c'è di più pragmatico di un estremo idealismo?

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