SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

lunedì 16 aprile 2012

Ottavina reale

Il freddo è una sciarpa di angoscia immobile alla gola. Da noi la confusione è di casa, le parole escono due a due, a braccetto, arrancando tra i silenzi che gridano di solitudini imbizzarrite come puledri dentro supermarket chiassosi. 
Tragicamente aggrappandomi, mani e piedi, corpo, stretti a cavalcare questo muro di noia, m'appoggio agli scalini grondanti fantasia ancora fresca e alle mie gesta e la pioggia scivola mentre ritrovo, serena, la quiete del mio respirare. Ed è proprio la mia mente. E rivedo le mie vene. In questo poco di giorno che è già tanto, sento l'incenso dei fiori secchi che mi sono giunti nella cassetta. Spediti, in tempo. Ti riconosco dalla calligrafia peggiore, quella che mi compare in gocce blu al marciapiede, accanto alla mia negli occhi che ricordano sovente le cartoline dai nostri primi anni. Ti saluto senza guardarti, forestiero che tieni casa vicina a me. Oggi ho trovato una fotografia in cui non mi piaci: era tra barchette di carta a nuotar nei coriandoli, tra le malinconie immobili, tra pupi di cartapesta e romanzi romantici; in uno scatolo pieno di insidie, in un cartone sommerso di lettere all'aria di quelli cari a chi la strada la vive sul serio, della stazione conosce fin gli angoli e al freddo si va a coprire sapendo bene come così, una notte o l'altra, finirà a crepare. Ma tu fai bene a stringerti al collo quel tuo cappio di lana lieve prima di uscirtene di soppiatto a far due chiacchiere con la neve. Sta ferma agli angoli della bocca, accumulata di orme diverse, ai lati della strada che imbocca labbra d'ombre estroverse in sorriso breve. E' in questo zingaro girovagare con la poesia che freme sugli occhi, le labbra umide dell'ultimo bacio con la pioggia che canta appena, in duetto per questa sera. E' in questo ridere di traverso, in questo amarti senza compenso, nel frammentarsi di cui il ghiaccio chiude catene vestite ai polsi, così alle scene; è nelle città conosciute a spizzichi, è in questa bellezza e disperazione che si fanno immagini e luna e fiele di un sentiero figurato in tele, in uno sguardo che sale e viene, ch'è solo e sparso. E' in quella speranza che non si dà pace, in quella tregua firmata coi denti, è in tutto questo che ti so simile, pure dove non mi somigli, anche quando ti volto le spalle e insieme ai gigli mi mimetizzo a valle delle tue baracche da riciclare. E lo sai fin troppo bene che sono lì e non me ne voglio andare. Ch'è proprio lì che mi puoi scoprire. 
(aprile 2012 - h.n.)


(La cosa più importante - Max Gazzé)

1 commento:

  1. al solito la tua scrittura è perfetta, solita anche la bravura nel passare dal silenzio delle parole che escono a due a due (s)forzatamente al silenzio in cui ti si può trovare...
    ma che fatica leggere col corpo che hai utilizzato per la scrittura-)

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