SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

mercoledì 21 dicembre 2011

2 - La giostra

(La giostra - Gianmaria Testa)
Apro gli occhi, ho sognato te. Una briciola di intima felicità si poggia sulle mie labbra svegliate adesso. E' come il filo che si potrebbe attaccare al palloncino per portarselo a spasso. Questa mattina sgangherata prova a tagliare con un battito di ciglia l'illusione di esserti stata vicina. Per quanto? chissà.
L'immagine del treno su cui ho voglia di salire schiaccia la noce della mia piccola anima che si stiracchia confusa. Mescola sogni e realtà, zucchero nella mia tazza di latte. 

Da un po' di tempo scrivo i sogni che al risveglio ancora ricordo. Quello di oggi diventa un tassello della sceneggiatura che sto scrivendo, perennemente incompleta. Pare quel film che ho visto due volte: sembro Gil che ottiene il suo romanzo viaggiando di notte nel mondo in cui vorrebbe vivere. E di giorno si muove nella sua vita quotidiana con una fidanzata che non capisce niente di lui e dei suoi sogni assurdi.

Ma quando si diventa stregoni giocando a mischiare realtà e illusioni nel pentolone della propria mente, quando si vorrebbe bere il bicchiere, fino in fondo, succede che accadono cose, coincidenze strane e meravigliose.

Così sei tu ad essere arrivato qui. Era stato un sms casuale quello che me lo aveva fatto sapere, te lo avevo inviato da quell'auto che, mentre mi conduceva ad un concerto blues, insieme all’odore del riscaldamento acceso da poco mi aveva portato forte il tuo pensiero. E volevo sapere come stessi.
Oppure era stata una scelta tua, dirmelo. Comunque che ti trovassi a pochi km lo avevo saputo così.

E trascorso il concerto ed una notte che conservava una adrenalina strana appoggiata al cuscino, eccomi al tavolo della cucina: davanti la mia colazione ed il pensiero degli impegni della giornata. Qualche appunto..
Esther sente tutto della telefonata di Lola a Paco. Non può essere che così visto che Lola è proprio lì a pochi passi. Sta investendolo di parole, gli esplicita chiaro e diretto l'amore che prova per lui e il fascino, la stima, l'attrazione,... Lo sta facendo per via del discorso di prima, tra amiche, quando Esther le provava a spiegare quella voglia di abbracciare Paco. E Lola si era tuffata dentro alle chiacchiere quanto lei, riusciva a vedersi simile, a riconoscersi. Era rimasta conquistata dal desiderio che a volte muove dentro e ti shakera il sangue, avrebbe voluto provarlo anche lei.


Si trovano nella piazzola di un distributore di benzina. Sono in tre: c'è anche il fidanzato di Lola. E accanto a loro, ad accompagnare la vista, una di quelle strade americane, tutte terra. Che fuma, al passaggio delle poche auto, pitturando tutta l'aria di seppia come una foto sbiadita raccattata tra anticaglie polverose.





Stavano facendo il punto: Lola l'auto l'aveva, anche se senza benzina e in quel momento - dannazione - era pure squattrinata come del resto Esther che, per altro, non sapeva nemmeno guidare e come propellente disponeva della sua folle passione a tormentarsi con la purezza della vita che brucia le mani. Ma qui occorreva petrolio. Lui la benzina avrebbe anche potuto pagarla, ma non aveva nessun altro luogo da raggiungere.

Eppure si sarebbe potuti partire soltanto mettendosi insieme. E' così che ti accorgi che non è con un gesto solo che puoi rispondere alle esigenze di tutti.
Poi, d'improvviso, negli occhi di Lola sembrava nata una scintilla a illuminarli di guizzo feroce. E lei appariva confusa, disorientata. Forse si era immedesimata fino a perdersi.
Si era curata di distanziarsi d'un passo soltanto per prendere dalla tasca il suo cellulare. Stava lì a dirgli tutto quel che avrebbe voluto dire lei. Con una precisione cruenta che non avrebbe lasciato spazio alla commiserazione.
Esther non riesce a non esserle amica lo stesso ed è, anzi, avvinta dalla determinazione che dimostra. Per un po' non riesce a non osservarla. Lola ha capito. Che prendere e partire per raggiungerlo significa di fatto riconoscergli un sentimento. E allora tanto vale farlo prendendo innanzitutto il telefono in mano, mentre lei si lascia strattonare dai suoi dubbi farneticanti. E dai problemi pratici. 

Il fumo, la terra, un motore che romba: solo che questa volta è proprio Lola che sta sgasando. Neanche da concedersi il tempo di capire come abbia fatto: la moto è ancora lì; la coppia di innamorati si scambia un rapido bacio prima di rimontare in sella. E' a loro che Lola ha invocato le sue sconnesse richieste d'aiuto guadagnandosi un po' di benzina con un racconto impreziosito di tocchi teatrali e caotiche esternazioni esistenziali. Vestiti di giubbotti neri ne sono forse rimasti estasiati. Inteneriti, l'avevano aiutata, magari ricordandosi l'inizio del loro amore oppure la donna dalla lunga coda di cavallo biondo-scura s'era talmente infastidita da volersi semplicemente togliere di torno in fretta quel disturbo. 
Chissà se Lola si fermerà in sosta a metà strada, rifletterà un minuto con le braccia stanche e la testa sul volante e poi svolterà conducendo l'auto verso una destinazione nuova o forse vorrà correre verso la stazione dove far salire il suo ragazzo intanto intento a comprare un biglietto che lo riporti a casa. 
Esther passeggia di fianco all'autocisterna appena parcheggiatasi, dopodiché prende il telefono cellulare e chiama anche lei Paco e con totale inspiegabile timore, imbarazzo, una sottile insicurezza, gli dice che vorrebbe vederlo. Ed è una cosa (b)banale. Lui è felice di sentirla e proseguono a conversare in bilico su tutta quella placida fragilità onesta. Intanto che discorrono, Esther tira piccoli calci alla terra per vederla alzarsi, farsi vapore come quelle tensioni che svaniscono di soppiatto, da sole.
Non si sa se insieme stiano ragionando nel cercare una soluzione per incontrarsi, se sarà lui a raggiungerla, se lei si inventerà qualcos'altro, se troveranno il modo o se basterà quel momento per sentirsi vicini. 
 
...ho chiuso poi il notes.

E, ‘pazza’, di fronte alla tazza di cappuccino a metà mi sono decisa per davvero a prendere il telefono in mano. Un gesto semplice talvolta diventa scommessa: stupida; propria; che ha del ridicolo; sopracciglio alzato dalla mia vulnerabilità in uno di quei momenti in cui si fa viva, si manifesta, mi ammicca in faccia. Perché io non so com'è per te. Non so com'è nemmeno per me. La voglia di vederti che fa a pugni con il dovertelo chiedere, con l'esigenza di reciprocità; si fa largo, sgomitando tra esitazioni e sensibilità per trovar la sua strada. Un giro di giostra.

La risposta che ricevo può esser letta in più modi, ma la leggo in uno unico: quel che c’è scritto. Quando ti chiamo per trovare una soluzione diversa, riferirti che di stasera ormai non si riesce, sentendoti, ti domando subito “quando e dove” e mi viene da ridere intanto che mi dico che non erano esattamente queste le parole che intendevo pronunciare. E invece sì. Tu sorridi, troviamo una quadra tra due giorni. C’è chi mi farà rendere conto che ci sarebbero state altre possibilità, ma dirò che lì per lì a me non fregava niente di niente: “volevo vederlo e basta. Volevo vivermelo e basta.”.
(La vita va - Baustelle)
Ma la giostra continua: l'aria elettrica che si respira rendendosi conto di starsi levando in alto; il fermento; la sorpresa; l'attesa; assurdi tremila battiti assurdi; squilla-squilla; quiete e domande; il placare agrodolce che riporta i piedi alla strada; il vacillare di tentennamenti che fan capolino a cercare d'insinuar delusione dove c'è appagamento;... poco dopo mi hai telefonato e mi hai chiesto subito se stessi dormendo.
Sfottermi da sola, ma vivermi tutto di questa vita che mi disegni dentro, di questi colori sfumati che smuovi.

In fondo, ero solo felice di vederti.

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