SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

lunedì 21 dicembre 2009

Fraintendimi, baby - a Ric

Davanti alla scuola elementare distribuiscono pacchetti di figurine. Tu pensavi di capire tutto cercandomi dentro alla borsa e al cellulare; io invece aprivo una pagina a caso scegliendo le copertine dagli scaffali e mentre i miei genitori facevano la spesa rimanevo lì, nel reparto libri del supermercato, a leggere finchè non tornavano a prendermi come fosse una sala bambini inventata e gestita da me o una biblioteca. Qualche altra volta, invece, con i miei fratelli giravo tra le corsie fino a perderci e se pensavamo di aver raggiunto lo scopo e poi, voltandoci, trovavamo papà o mamma proprio lì, in arrivo incontro a noi, ricominciavamo a girare nel labirinto di scaffalature e gente e carrelli per poi raggiungere il box informazioni e farli chiamare con l'interfono o aspettare che fossero loro a far ripetere i nostri nomi in tutto il supermercato, rigorosamente con la pronuncia storpiata.
Egocentrica e già bambina.

La ragazza che non scrive legge poesie nella sua stanza per dimenticare cos'ha dimenticato di buttar giù. Ti ha letto il vangelo, la seconda di copertina ti ha ricordato che carattere ha. Tu mi scrivi cartoline a cui non appendi francobolli. Io ti rammento, rammendo, fermo, raffermo, come ho lottato per averti. La ragazza che non c'è ti ha guardato e si è annoiata.
Mi sono travestita da ragazza qualunque. Via, sì, fatemi essere la... no, una...ragazza qualunque per un giorno.
Ho lasciato la strega a casa, ho tenuto solo il suo cappello; a quello come a una barba lunga non si può proprio rinunciare anche se non piove.

In tanti in uno spazio piccolo ci si trova subito e la pioggia è bella tranne quando non ti puoi, non ti devi, bagnare. O se hai i pantaloni lunghi e fai a gara a non calpestare le pozzanghere e tagli il tuo ciac ciac. Peggio, bianchi.
La pioggia non spaventa neanche i vecchi soli.
Invece i posti piccoli con tante persone sì, impauriscono tanti. Che strano.

Il...un poeta con la barba scura leggeva le sue cose nudo davanti a tutte le tante persone in un posto piccolo, angusto, dove non accettano bene i bambini, ti dicono. E tu ti guardi intorno e trovi facce, tante, sorridenti come nei supermercati non se ne incontrano neanche se fai a gara nel perderti. E burattini appesi in alto.
E ti dicono in un posto piccolo che non possono accettare, in verità, i bambini mentre un poeta legge poesie d'amore e le facce ridono, si guardano, si riconoscono e non si conoscono e fuori c'è la pioggia che accetta tutti e ti vuole bagnare, ma non fa paura a nessuno pure se è potente e inventata e inviata da dio.

Le poesie di un poeta, nudo, si leggono con facce ridenti eppure fanno paura dentro a quel posto piccolo pieno di facce che le puoi guardare. I bambini non possono entrare, è vietato, è la lege. E quel poeta chissà se ha paura delle sue nudità, nelle sue timidezze, nelle sue sicurezze.
Chissà se l'imbarazzo gli intasa la voce come con le ragazze quando sta per baciarle e deve chiedere prima il permesso o se ha timore d'essere confuso come dopo che hai preso una botta in testa e ti senti il sangue pulsare e credi di esserti innamorato.

Mi vesto e travesto da una qualunque, mi metto i jeans. Blu. Come le pareti di un posto piccolo, angusto. I bambini non li accettano, bene.
Una ragazza qualunque di sabato pomeriggio dentro alla via principale del centro, in mezzo, durante una manifestazione mondiale.
Certo, i jeans alla ragazza qualunque vanno un po' stretti, era da tempo che non li mettevo per sembrare una qualunque come mi vedi e percepisci e riguardi e conosci senza riconoscermi.

E il suo corpo è quello che è e non sembra qualunque, ma comunque nuda, in mezzo alla piazza no, anche se non sei timida.
Tante facce. E' vietato per legge mettersi nudi.
Non scherzo, nudi come mamma t'ha fatto.

Ad un poeta secondo me un po' piace mettersi nudo con tutt'i vestiti che lo stanno a guardare. Certo non sempre è un bel vedere. Con Giacomo, per esempio, sì.
Per il poeta, uomo qualunque che incontri dove meglio ti viene, pure vestito con gli occhiali da sole e il cappello o la barba nella via principale del centro, ciò che spiace è esser poeta qualunque e non uomo.
I poeti le hanno le mamme? e ci sono tra le facce nei posti piccoli e angusti a sentire i loro bambini nudi declamare poesie? e nudi, è proprio vero che d'istinto le mamme li riconoscono al volo i loro piccini, poeti?
Le mamme si amano con i poeti, amano i poeti e li figliano solo per dirgli di cambiare mestiere?

Imbottiti per non bagnarsi di tanta pioggia nè di solo sole, sia poeta sia ragazza qualunque. Diverso sarebbe togliere il cappello e buttarlo ai piedi di Francia perdendomi per strade come fossero corsie di un supermarket o tagliare la barba per somigliare a una donna, poeta.
Io nelle mie poesie ci scrivo quello che voglio: d'autunno, di pioggia e d'amore, di barbe e di sole, di cappelli dimenticati sul cuscino e capelli lasciati sul tavolno del treno.
E pure se tu, invece, mi hai amata come una qualunque incrociandomi a caso e vedendomi nuda di notte con la pioggia sulle serrande che non ti faceva paura, sotto le coperte, sappi che ero tra quelle facce di un locale angusto e piccolo e restando fuori, mi hai persa. Come una poesia non letta e tagliata dal libro, abbandonata sulle pagine di un quaderno qualunque che, a saperlo far leggere a tutti, a saperlo leggere tutto, t'avrebbe fatto ricco.
Cercami senza tacchi, nè spilli, perchè stasera li metto e non ti punzecchio e mi faccio bella d'una bellezza qualunque, qualsiasi, d'una bellezza comunque.

Sai, mi vengono le poesie quando mi guardo gli occhi nella faccia, in bagno come tutti o tanti. Tanti poeti s'ispirano nei bagni di casa. Alcuni scrivono stronzate banali perchè non riescono neanche a non confondersi, si credono amanti. Non amano, prostituiscono la poesia.
Oggi litigo con le lenti a contatto e le metto così devi guardarli bene questi occhi qualunque per riconoscere se faccio parte dei ciechi, se ti dico e ti desidero davvero.

La ragazza che ami come una donna qualunque non può, non deve, essere perfetta, nemmeno vederci tutto, se no le mancherebbero le imperfezioni di cui innamorarti, in cui incastrarti e sarebbe un disastro.

Ho imparato, da bambina, che se vuoi qualcosa devi volerla davvero. Mettersi gli occhi può volerci un attimo o molto di più, anche una vita davanti allo specchio con nervosismi che proprio quando stai per gettare la spugna, contro lo specchio, buttare la lente, se fai fatica ancora un momento, questa diventa canna da pesca e s'appiccica alle pupille anche per sempre, fino a che vuoi tu o non accade un imprevisto di nuovo.

Riccardo è un nome che mi piace. Ha tante erre ruvide da divenire scemo un poeta che dovesse leggerti in pubblico, tra le facce che aspettano, aspettano te, le tue erre, per ridere. Ma ha pure due 'ci' che si stanno vicine e non t'accorgi. Riccardo finisce con una nota musicale, ma è tutto un componimento.
Riccardo, io ti chiamo Ric e ti dimezzo le consonanti doppie e ti tolgo le note finali perchè tu per me sei speciale e Riccardo è un nome normale. Ric è più piccolo, forse più personale.
E' la legge che hai letto? Riccardo, perchè non mi hai aspettata?
Appiccicata, invece, ad una pagina di un album, come una delle tue ragazze qualunque.

21/12/09 11.54

Nessun commento:

Posta un commento

Dicevi?