SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

venerdì 11 dicembre 2009

Il respiro dei cani fa male? - evanescente

L'odore era forte di erba tagliata; la casa era quella forse ancora abitata da un mio cugino di secondo grado con cui da piccola guardavo allo sfinimento lo stesso cartone animato; le vie erano le mie strade di sempre corse o percorse camminando, da sola o accanto ad altri, compagni ad accompagnarmi veri o talvolta immaginati soltanto questi altri.

Tragitto che avrebbe dovuto puzzare d'abitudine ed ora mi dava invece ancora un profumo, quello di un prato chissà se bagnato. Erba piatta e corta. Appuntita. Ed adesso anche appuntata e nemmeno a matita.

Le rose nell'angolo del giardino grande dall'erba corta che girava tutt'attorno al palazzo le avevo notate per la prima volta, erano poche e alte e di colori scontati. Scopiazzati dalla primavera ormai andata.

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Avrei voluto guardarti per sempre, lì, nella mia cornice ricoperto dei miei odori, delle mie occhiate di lince gettate nello stesso panorama privo di vento in quell'attimo che si fermava sempre a metà quando m'accorgevo che in verità non c'eri.
Stavi dietro alla telecamera che m'ero sognata ci fosse, come fossi Truman o gossip.
Eri invece dentro alle tue di abitudini e dentr'ai tuoi paesaggi, tutte cose che - mi dicevi - "non conosci". E in effetti nemmanco te conobbi.
Però mi rimbalzavi in testa come metadone per le mie idee, una per ogni passo, una per ogni gesto. Una per ogni sasso.

I marciapiedi di Torino non sono puliti come vorrei, non posso specchiarmi e dunque avrei apprezzato quella tua videocamera per riguardarmi in faccia, riguardare i colori scontati delle rose, mandarti tutto in un pacco come potessi a quel punto viverlo davvero anche tu e sapere davvero di cosa ti raccontavo.
Non si possono mai raccontare i propri dipinti, così come non lo fa la natura come delitto verso il suo procrearsi. Ti nascosi tutta la mia impazienza di averti nei miei rimbalzi, una volta almeno, una volta soltanto, una volta non basta quasi mai.

Assapori la passione di un quadro quando lo fai tuo, nasce una familiarità che puoi sentire, ma difficilmente spiegare, spieghi le ali e voli dentro alla cornice con il colore nelle mani e la faccia sporca.
Non mi accorsi che correvo, i passi rimbombavano non so come perchè non ero in palestra e non giocavo a basket.
Ho tolto gli auricolari e sei comparso nell'intimità del mattino. Eri vicino, non credere, molto vicino. Io però non avevo bevuto e la notte avevo dormito. A me era rimasto in mano il gommino della matita e ci giocherellavo con le dita da chè s'era fatta chiara l'aria.
Abbiamo condiviso sbadigli in quell'aria e occhiate piene di sonno nel silenzio d'uno sguardo scocciato, avevamo visto entrambi quella luna piena di rosso nel buio trascorso e non ci siamo ugualmente detti niente. Appena un cenno d'intesa con qualche conoscente, uno sguardo. Quasi nemmeno.
Ma tu eri lì. Era troppo umida l'aria perchè tu non ci fossi davvero. Non parliamo della mia mano ad un certo punto sostanza pura di fresca brezza chè non c'era il mare e non aveva senso senza la tua su di essa.
Non c'erano onde se non quelle a me impercettibili di una musica ormai in pausa. Non c'era più voglia di stare a patire la stanchezza o sarebbe stato il giorno a farci soffrire la sua presenza, viva presenza.

Ti sei tolto le scarpe? - ti ho chiesto in confidenza.
Mi hai detto di no e mi sono data l'esempio da sola come mi succede ogni volta che la mia fantasia prevale sugli altri. Ho camminato scalza qualche metro e controllavo l'aiuola perchè la sera ci portano i cani. Tu guardavi me, un po' basito, guardavi in alto che era tutto bianco. Non un accenno di saluti formali e pure il cielo rimaneva pallido ogni volta a quell'intimo quadro.
Mi viene sempre voglia di colorarti e per questo vorrei conoscerti meglio - ti ho detto.
Mi hai guardato con quella faccia sempre un po' basita e gli occhiali scuri scivolati sugli occhi senza più una parola da parte della tua frenesia solita.
Mi coloreresti anche tu? - penso sempre che se ti esclamassi davvero ciò che penso, come ogni tanto d'altra parte faccio, tu mi prenderesti per affetta da qualche demenza, invece è solo la stessa solita solitaria impazienza. Si corre soli, ti ricordi.

Fai la lotta con un fantasma? mi hai raggelato allora. No, giocavo a prendermi la coda.

E nell'ombra dell'olmo è rimasta sulla sabbia la mia dedica per te, incisa con le zampe e con le zampe decifrala.



L'emozione nasce in modo strano dai contrasti forti, ciascuno la sviluppa con la sua sensibilità.
La commozione nasce quando non ti aspetti qualcosa.
La poesia non è interpretabile, non ha significato.
L'arte non è il tema, è come lo svolgi.
(Gino Paoli)

sei un'altra pepita colorata nell'odore forte del mio prato bagnato

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