SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

lunedì 26 luglio 2010

In ogni caso casa

Solo lui, mamma ed io in casa e papà continuava a pormi domande su mia sorella per sapere con chi fosse uscita quella sera, che posti frequentasse e quali pensieri avesse in testa in quel periodo. Usciva con un ragazzetto conosciuto a scuola, ma a lui non bastava sapere questo. E poi anche di mio fratello voleva che spifferassi ogni cosa, convinto poi che io dovessi sicuramente esserne a conoscenza. 
Mi rifiutavo di dire più di qualche parola di rassicurazione e lui continuava ad insistere. 
Mamma aveva cercato d'intervenire, ma lui proseguiva imperterrito e nemmeno per una reale preoccupazione, ma spinto da quella curiosità morbosa e un po' folle che da qualche tempo gli si era poggiata sugli occhi, nelle mani nervose con cui arrancava nello spiegarsi e sembrava palleggiarsela tra le dita senza sapere che farne egli stesso, nei suoi movimenti mentre passeggiava su e giù per le stanze. 
Non avevamo, lui ed io, un rapporto sereno e di stima da un po' di tempo. 
Prese ad assumere un atteggiamento ruffiano convinto di ottenere di più. 
Cercai sfogo con mamma e lui impedì qualsiasi reale confronto così preso da se stesso e dalle sue manie. 
Obbligò un momento che non volevo vivere in cui dovetti assistere alle sue dichiarazioni d'affetto nelle quali comunque non riuscivo a credere più e faceva come se non se ne rendesse conto. Mi facevano male, lo vide, ma lui aveva deciso che doveva finalmente dirmi i suoi sentimenti e dunque anche che io dovessi aver voglia di starlo a sentire. Iniziai a piangere e gli ripetevo di smetterla, ma pensò educativo e giusto continuare. Mi chiedeva allora se sapevo che mi voleva bene e mentre me lo ripeteva prese pure a poggiarmi qualche carezza crudelmente tenera ed illusoriamente paterna sui capelli. Ad ognuna sentivo un fastidio all'altezza del collo, dietro, sulla nuca e come un senso di solletico ad intensificarsi via via divenendo dolente. 
Aggiunse quindi un suo sfogo, con nello sguardo un'insana allegria mista a delirio e declamò, come motivassero i comportamenti avuti negli anni, che era gay, sì, gay e finalmente poteva confessarlo; che il periodo della P2, delle stragi, del governo Andreotti, non c'eran cazzi, gli era rimasto addosso e aveva determinato pesanti ripercussioni sul suo essere e, ancora, che oggi, invece, i videogiochi gli avevano rivoluzionato la vita e riusciva ad essere se stesso. Ero impressionata e allo stesso tempo impassibile di fronte a quel parossistico vaneggiamento di cui non m'interessava, non vedevo senso e correlazioni, logica. E non percepii nulla di ciò che continuava ad elencare come giustificatorio delle sue assenze e, prima, delle sue ansietà pesanti. 
Casa era quella della mia infanzia ed io nella mia poltrona-letto con alle spalle la finestra aspettavo il rientro dei miei fratelli o un imprevisto qualsiasi che riportassero insieme ad un vago equilibrio anche la serenità cui quel pomeriggio avevo invano ambito.

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