SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

martedì 14 giugno 2011

Follia a colazione

(venerdì, 20 giugno 2008 alle 00:07)
Sapeva fin troppo di caffè.
Giocando all'avvocato li avevo beccati: il barista, ma solo quello coi baffi sotto gli occhiali, decideva le percentuali come ad abbinare un vestito alla mia faccia di ogni mattina. Mi vedeva entrare nuda di prospettive senza la capacità di mutare la stanchezza dell'ennesima notte sbandata.
Un tavolino di legno quadrato, il mio cappuccino senza schiuma e brioche vuota: la mia colazione come un rito mentre altrettanto rigorosi si alternavano i toni dei buongiorno, le voci, insieme ad ogni scricchiolio della porta. Una spinta sola e potevi entrare o uscire da quel mondo parallelo che è qualsiasi bar.

L'uomo, perchè uno che lavora qui deve innanzi tutto poter essere questo, sorrideva nel pizzetto ogni volta che, sbirciandomi di sfuggita mentre scrivevo, capiva di aver centrato il suo esperimento vedendomi accelerare sveglia la penna, che, da parte mia, intingevo qui e poi là: un po' nel caffè, un po' nei pensieri, un po' nella provetta di un testo a metà.

Guardavo il mio uomo diretta, come improvvisandomi davvero in quel vecchio avvocato che mi ero immaginata d'essere poco più sopra nell'escalation di corse di ogni mattina, che si ferma comunque e per tutti quando spingi la porta d'ingresso di qualsiasi bar.
Si guardava attorno nei baffi mentre batteva gli scontrini distratto e, allora per forza, ho dovuto trovare in lui il mio complice. Il mio prezzo non l'aveva ancora mai pagato, lui.
Giocavo a sedurre ogni lettera stampata sui tovagliolini impilati come lo era il mazzo di carte solo qualche ora prima su un tavolo di legno, non rammento se quadrato.
Ne ripiegavo uno baciato dal caffè nel movimento d'un prete che ha finito di celebrare e lo appoggia sul calice.

Janis e Rino mi rincorrevano in quelle ore di inizio giornata ed io sapevo che li avrei forse facilmente reincontrati più tardi.
In realtà ero io come sempre a cedere davanti alla carta bianca come dietro gli occhiali o gli auricolari che una volta uscita dal bar mi riportavano per la terza volta di quel mattino intonato, ad una canzone di Vasco diversa da quella che mi aveva appena ricordato il mio scrivere.
Spinta.

(Vasco Rossi - Liberi liberi)

2 commenti:

  1. se è uno scritto recente devo dire che scrivi sempre meglio....se è vecchio (2008 ad esempio) ti stai involvendo e oramai riesci a concepire solo nenie sarde......

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