Fabrizio De Andrè - Sally (il volume va a salire progressivamente, la luce a scemare diventando penombra, la scena inizia a prepararsi...viene portato un tavolo, qualche sedia, entra Paco e si siede, gli viene portata una birra, tira fuori da una cartelletta qualche foglio e lo poggia sul tavolo anche se non lo guarda più di tanto... arriva Esther di punto in bianco, quando finisce la canzone).
- Io ci credo. Credo che a questo tavolo ci siano risorse valide per quella nostra rivoluzione. Ci sono gli strumenti e ci sono gli armamenti. Ci sono le capacità. Non è nemmeno l'organizzazione a mancare o lo spirito di servizio, ma voi non ci credete. E non ci mettete la stessa sincerità del mio venire qui a dirvi in faccia tutto questo. E adesso vi lascio, che vado ad un concerto.
- Il concerto di chi è? - mi chiese, sarcastico, per dirmi che potevo anche andare. Ed evitare di perder tempo a dargli del voi.
- Perchè: meditavi di venire?

Tacque, continuando a guardarmi.
Aggiunsi: - Comunque è vero che non perdi mai la tua vera identità.
Sai che della credibilità di ciò che dici me ne accorgo tardi, ma prima o poi me ne rendo conto.
Gli bastò questo per riprendere il suo sorriso:
- Lo so. Chissà che prima o poi non ti convinca anche di altro, allora... e ci ritroveremo a questo tavolo.
- Sicuramente non possiamo ambire a che accada il contrario, come minimo per un fatto d'età.
- Cioè, mi stai dando del vecchio?
- Avevano ragione quelli che ti dissero che sei un ingenuo... ora avrai di che raccontare alla tua prossima cena.
- Bimba, lo sai che mi ecciti quando fai così?
- Non è una novità.
Esther si mise in macchina e partì. (scena in video, proiettata - buio in sala)
Una gazza si buttò sulla strada innanzi a lei cercando di prendere una briciola o qualcosa. Lei cercò di sviare sperando di farle paura con l'avvicinarsi del rumore del motore dell'auto, ma quella insisteva.
In pochi istanti, di uccelli ne arrivarono ancora e ancora, rischiando di farsi ammazzare e a me rimase un'oggettiva difficoltà a non tirarne sotto qualcuno.
- Non è l'ambiente per voi! - esclamai.
- Devi imparare a guidare. - Disse lui, dal sedile accanto.
- O a volare
Ti ho sognata piccola, fragile. Io avevo solo voglia di stare un attimo con te. Domani parto, piccola. Scaccia quei pensieri tristi, goffi, sordi e sorridi. Il vuoto si colma e l'anima si calma. Ti chiederò i tuoi se e i tuoi come prima o poi. Ricordati che l'arrivo significa sempre che c'è stata una partenza.
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Suonò il campanello e fin dal citofono mi disse che era lui. Che era venuto a casa mia per portarmi un pacchetto di sigarette visto che con la scusa d'andarsene di tutti i miei banali precedenti dovevo esser rimasta indubbiamente senza. Gli aprii il cancello, in effetti.
Dopo che - Massimo Volume
razionalmente emozionante
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