SPIRALE CICLICA

Si corre soli. Si corre come cani senza guinzaglio in strade di paesini senza padroni. Eroi per giorni che se ne sono andati come faremo noi con le museruole sciolte, ma senza accorgerci. Ci saremmo portati bottiglie di vino rosso e penne scariche se avessimo saputo. Un cast di attori più che di eroi.

venerdì 13 novembre 2009

Eri mio padre.

Eri in quella stanza che non posso che immaginare. Sicuramente eri stanco, stanchissimo, ma non ti curavi certo di questo. La vita è fatta di priorità. Eri mio padre da pochi minuti, ufficialmente ero nata. E ti interessavi di me fin da prima, fin dai pensieri.
Eri mio padre quando mi hai insegnato la storia della musica e prendevi gli lp a mazzi per poi iniziare il rito: prendere il disco da dentro la copertina, tirandolo fuori con due dita dalla sua velina senza sporcarlo e soffiandoci sopra come se ci fosse sempre polvere. Mi facevi vedere le copertine e ascoltare alcune tracce mentre ci parlavi sopra e non potevo sentirle.
Mi cercavo di ricordare tutte quelle date e quei nomi e mi rimanevano impressi odori di atmosfere che mi raccontavi come non ci fossero più, sapori di drink bevuti nei bar mentre si sceglieva nei juke box il pezzo che a quell'epoca aveva stranamente avuto successo. Un attimo dopo avevo immagazzinato talmente tante informazioni che delle prime mi rimaneva impresso giusto 'cantacronache' perchè era un nome particolare alle mie orecchie e 'il nuovo canzoniere' tornava ad essere il libro su cui ti indicavo i pezzi che volevo farti cantare per me.
In quelle domeniche pomeriggio mentre in cucina scalpitava 'quelli che il calcio' su una televisione rimasta accesa, in sala rimanevamo solo tu ed io e si creava la magia di età in cui vivevo pur essendo piccola.
Eri mio padre quando mi hai presentato da vicino le tue passioni fin tanto che potessi toccarle facendomi capire come una delle maggiori libertà stia nella conoscenza. Eri mio padre quando mi hai tenuta per mano e poi aiutata a pedalare senza centrare inesorabilmente tutti gli alberi. Che poi io a quelli ci abbia sbattuto contro anche dopo non conta.
Eri mio padre nel parco quel pomeriggio d'autunno che mi arrampicavo dappertutto e, arrabbiato, mi hai presa il braccio perchè rischiavo di cadere. Faccio la spericolata anche oggi che non ti interessa saperlo.
Eri mio padre ai fornelli quando preparavamo il brodo con le ossa e le verdure e poi il pollo al curry, una volta. Quando ci abbiamo riprovato la seconda non è venuto uguale.
Eri mio padre nelle tue canzoni e dentro alle mie poesie.
Eri mio con uno sguardo quando volevo sedurti e te ne stavi in distanza mentre scrivevo e poi leggevi soltanto quando avevo finito.
Eri mio padre quella notte che mi hai presa a schiaffi e quando pensavi di abbandonarmi alle mie scelte e mamma ti ha detto di no in entrambi i casi.
Era mattina su quella scrivania in cui tu che eri mio padre avrai letto senz'altro la mia pagina lasciata lì per te prima di partire col pullman di sempre sapendo però che uscita da scuola ti avrei tradito. E te lo scrivevo su un foglio. Eri mio padre tutte le volte che mi hai guardata in viso e hai capito. E non capivo come.
Eri mio padre nelle notti in cui mi leggevi e rileggevi Orwell e in quella in cui avevo paura: mi ero fatta male e avevo capito dalla tua espressione sullo specchio del bagno mentre mi medicavi che saremmo andati all'ospedale, ma non volevo i punti. Mi hai fatto una promessa vicino alla vasca e al pronto soccorso l'hai fatta rispettare a costo di litigare con tutto il reparto. Eri mio padre quando mi hai curato da ferite di tipo diverso con un gesto o un discorso.
Era a mio padre che dedicavo quel disco quando ti stavi separando da mamma e te l'ho fatto mettere in auto, come se niente fosse, prima che ci accompagnassi da zio per andare dalla tua amante. Credevo, scema, che io, tua figlia, ti avrei fermato con la musica che ci aveva uniti. Volevo tenessi il cd mentre viaggiavi verso Milano ed invece me l'hai restituito una volta parcheggiato. Non lo sai, ho pianto, ma eri mio padre.
Eri mio padre quando giocavamo a carte in campeggio o ancor prima quando fuori era buio pesto, ma era mattina presto e attraccavi il carrello-tenda alla Fiesta col motore acceso nell'androne e caricavamo le valigie ed era per me il momento più bello della vacanza anche se tu non mi guardavi perchè eri impegnato. Amo viaggiare ancora e ancora, ma quando sono venuta da te, in quella Bologna scontata e me ne sono ripartita nella notte, cercando la stazione in una città che non conosco e piuttosto sono rimasta lì, vicina alla ferrovia, appoggiata alla mia valigia, per ore, prima che ci fosse un treno, non eri mio padre. Mio padre si sarebbe chiesto come stavo, mio padre non mi avrebbe fatta uscire dalla casa della sua amante con tutto quello che sapeva che mi era costato entrarci.
Eri mio padre tutte le volte che abbiamo fatto squadra o quando ti affacciavi dalla veranda della nostra vecchia casa per dare un'occhiata ai tre fratelli che giocavano in cortile a pallone.
Era la mano di mio padre quella che ho riconosciuto con un tocco, mentre eravamo entrambi sott'acqua e mi hai salvato la vita e hai subito dopo rischiato di perdere la tua. Eri mio padre.
Eri mio padre ai concerti di Daniele a cui andavamo insieme e quando abbiamo comprato al supermercato quel suo primo disco passandocelo nelle mani. Eri mio padre quando c'era un'assistente sociale tra noi, tu giocavi la sua carta e lui, Daniele, mi difese e non te l'aspettavi. Dopo parlammo lui ed io di te, ma tu eri già andato.
Eri mio padre ai colloqui a scuola, divertenti quando polemizzavi coi prof. e se ti dicevano che ero brava chiedevi sistematicamente in cosa potevo migliorare. Eri mio padre quando eri migliore, migliore di me e mi insegnavi come si faceva, ma pure quando sei stato debole, quando mi hai regalato il tuo plettro, quando ti sei sentito solo, quando sei dimagrito e mi faceva strano riconoscerti. Era mio padre che non mi faceva patire la nostalgia per lui, ma che di certo capiva e vedeva le mie malinconie negli occhi.
Eri mio padre quando aabbiamo scritto quell'unica cosa a quattro mani che oggi non fa strano pensare si titolasse 'emozioni'.
Eri mio padre quando mi accompagnavi il polso sulla tela e poi di nuovo sulla tavolozza e prendevi la trielina da quella cassetta di colori a olio che non ho più riaperto e a me piaceva l'odore perchè mi ricordava i momenti in cui disegnavi profili di case, di tendoni di circo, di pagliacci di schiena, sulle tele col carboncino.
Eri mio padre quando mi hai insultata a lungo, per giorni, hai chiesto ai miei fratelli di fare lo stesso, non mi guardavi, ridevi di me, ma lo eri ugualmente e anche quando mi hai forzata a scrivere quella lettera falsa al mio primo amore di allora che non condividevi e alla fine mi hai strappato la pagina perchè hai letto dietro le righe che volevo fargli arrivare il mio dispiacere e disappunto per quell'addio che gli stavo scrivendo e gli sarebbe stato inviato da te. Lui non lo avrebbe magari neanche intuito, tu sì perchè eri mio padre. Mi hai fatto riscrivere quel foglio sotto tua dettatura e ogni parola disegnata con la punta della penna su quelle righe mi faceva schifo e mi faceva male.
Il marchio del tuo finto attuale studio grafico ha la fisionomia della traccia di matita che facevo io nel 93 per disegnare un gabbiano sopra al titolo della mia prima poesia: Volo. Ti ricordi? non ci credevi, subito, che l'avevo scritta proprio io. Senza copiare cose già viste. Hai provato in vari modi a farmi dire da dove avessi tratto quelle parole e quando hai capito che erano proprio mie mi hai invitata solo a continuare. Mi danno fastidio ogni tanto quei segni, quelle righe, sulla pelle, non i contrasti, ma le somiglianze. E mi chiedo perchè proprio io? somigliarti troppo nelle sfumature che m'accorgo più che di una figura in foto, più che di una figura sullo specchio.
Eri mio padre quando mi parlavi di Moro, quando mi hai fatta partire per Roma convincendo tu mamma, il mio primo viaggio da sola se non calcoliamo qualche gita scolastica. Eri mio padre tutte quelle volte che mi sei venuto a cercare nel mio mondo, nella mia testa, nelle mie follie, nelle mie cose e in quell'occasione in cui mi volevi portare via di forza dopo avermi trovata là dove ero finita a stare una volta andata via di casa a 18 anni. Anche dopo la maggiore età eri mio padre e lo eri con e senza penna, sigaretta o chitarra in mano, con o senza unghia del pollice lasciata crescere e su cui passare lo smalto trasparente perchè non si spezzasse, con o senza amore dimostrato palesemente, con o senza accordo tra noi, con o senza abbracci, coccole o baci. Parole o silenzi. Sguardi o porte chiuse. Sbattute. Chiavistellate mentre me ne stavo dai nonni a Torino per non non vederti durante la separazione, rintanato com'eri in mansarda. Sono venuta su una volta sola, era la festa del papà e ti ho portato un pesciolino rosso come quelli con cui tornavamo dal luna park quando ero piccola e mamma ci urlava dietro. L'hai lasciato a lei quando sei andato via svuotando la casa dei dischi e dei libri ed io quella notte stavo baciando per la prima volta il padre di mia figlia che non è tua nipote.
Oggi mi rimangono dieci-dodici tue canzoni masterizzate e schiaffate su internet, quelle che prima insistevamo per farti cantare e se in alcuni momenti furono come tabù ds non nominare, anche quando a casa eri più propenso a ricantarcele, non c'era verso anche solo se c'era un parente.
Oggi, stasera, andrò ad un concerto di Federico, è stato suo l'ultimo nostro concerto insieme o almeno l'ultimo consapevolmente insieme. Dopo la mezzanotte sarò lì con un po' di vodka in un bicchiere e dopo scherzerò quasi sicuramente con lui come quella sera, quando lo sentii per la prima volta e a fine concerto andai dietro a dirgli che non mi era piaciuto e tu eri lì. E lui se lo ricordò anche la volta successiva, quando non c'eri già più e mi diede il suo numero dicendomi che se non ci fossi stato tu alle mie spalle, me l'avrebbe già dato quella sera lì.
Sarebbe stato a mio padre che avrei fatto gli auguri, domani, per i suoi 50 anni. Tu mi hai lasciata senza di lui e per me non hai più età da quasi cinque anni. Buon compleanno, allora, per questi cinque, padre che non sei, uomo che non so. Uomo che non sei, padre che non ho.

http://www.formedisegni.it/ik/songs/principessa.html

13-14/11/09
00.43

7 commenti:

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  3. Lettera semplicemente splendida. Uno spaccato di vita nel quale non manca davvero quasi niente. Lucidissima pur nel suo ubriaco dolore.

    Ormai da tempo non mi capitava di provare questo particolarissimo brivido lungo la schiena che provo adesso, leggendo una lettera.

    Per quel che può valere, i miei complimenti. Mi hai regalato un'emozione.

    Un lettore.

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  4. e che lettore!
    grazie.

    una curiosità: come mai hai cancellato e modificato il commento ?

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  5. Eh, un fatto un po' di confusione... Dopo aver scritto una prima versione (in realtà, molto molto simile a quella che leggi ora) del mio commento, era mia intenzione apportare qualche piccola modifica. E, complice anche una pargoletta mano di sette mesi o poco più, ho invece re-inviato lo stesso identico commento senza le modifiche. Così ho dovuto cancellarli entrambi e rifare.
    Come gestore del blog, hai modo di cancellare le tracce di questi due errori?

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  6. beh non credo sia visibile agli altri, a me (e forse a te) sì perchè siamo gestore e autore del blog. per il resto penso che già sia scomparso da sè avendoli tu eliminati. boh.
    cmq il mio concetto era: come mai quella piccola modifica? non 'come mai l'hai postato più volte' etc.
    baci e abbracci

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  7. La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

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